“Zitta e ascolta”, Raffaele Morelli sbotta in radio durante un’intervista di Michela Murgia. Lo scatto d’ira dello psichiatra e psicoterapeuta contro la scrittrice ha suscitato forti polemiche sui social e spinto a riflessioni sul sessismo ancora molto radicato in Italia. Una situazione, quella della donna nel nostro Paese, dai numeri tragici.
La storia dello “Zitta e ascolta” di Raffaele Morelli
Facciamo un passo indietro. Martedì 23 giugno, l’emittente radiofonica Rtl pubblica il suo aforisma quotidiano: “Un vestito non ha senso a meno che ispiri gli uomini a volertelo togliere di dosso“. La frase della scrittrice francese Françoise Sagan ha generato una valanga di commenti piuttosto risentiti, talvolta sfociati in veri insulti. I conduttori del programma hanno chiamato Raffaele Morelli a commentare la frase e la sua dichiarazione: “Se una donna esce di casa e gli uomini non le mettono gli occhi addosso deve preoccuparsi” ha ulteriormente peggiorato la situazione. Arriva poi Michela Murgia che dai microfoni di Radio Capital intervista lo psichiatra nell’ambito del suo programma TG Zero condotto insieme a Edoardo Buffoni. Il video dell’intervista, diventato virale, propone un’abilissima Michela Murgia come provocatrice e un indispettito Morelli che cade nella trappola. La conversazione tra i due finisce con lo psicologo che riaggancia il telefono.
La questione femminista
Lo scontro in radio tra Morelli e la Murgia ha generato nuove e più feroci polemiche contro le affermazioni dello psicologo considerate sessiste. Da qui ampie riflessioni sulla questione femminista, dai diritti negati agli stereotipi di genere duri a morire. Il femminismo, come tanti movimenti che tendono a raggiungere la parità, soffrono di un equivoco di fondo che è quello di inseguire qualcosa o qualcuno. Come a dire, siamo brave “anche” noi, possiamo farlo “anche” noi, abbiamo un valore “anche” noi. Le bambine devono giocare “anche” con le macchinine. Questo “anche” pesa come un macigno e sottrae gli strumenti necessari alla costruzione di una società equa, dove sia rispettata la dignità di tutti. Oltre che a gettare ombre sul movimento di lotta femminista.
Il lockdown e le donne
Secondo studi sociologici sulla pandemia, il periodo di quarantena ha peggiorato la condizione della donna. Se a dicembre abbiamo avuto la prima donna presidente della Corte Costituzionale, in tutto il 2019 37 mila mamme si sono licenziate volontariamente. Una tragica conferma di quanto sia difficile nel nostro Paese essere madri e lavoratrici. Le lavoratrici con figli piccoli possono contare solo su aiuti familiari, in caso contrario sono costrette a rinunciare al lavoro. Il lockdown è stato un periodo di dura prova. Divise tra lo smart working, la DAD dei figli e le faccende domestiche, ancora una volta tutto è stato messo sulle loro spalle. Tra marzo e aprile, poi, secondo DiRe, l’associazione che gestisce la rete antiviolenza, 5939 donne si sono rivolte ai centri antiviolenza. Di queste 1815 per la prima volta. E di tutto questo ci siamo stufate “anche”.