(Adnkronos) – Il direttore generale dell’Aiea (Agenzia internazionale per l’energia atomica) Rafael Mariano Grossi si recherà nei prossimi dieci giorni alla centrale nucleare di Zaporizhzhia, la più grande d’Europa nel sud dell’Ucraina. Lo ha reso noto l’Aiea spiegando che Grossi proseguirà poi a Kiev e a Mosca per discutere del ”rischio di un grave incidente nucleare” che ”resta molto reale”. Anche perché nella regione stanno continuando operazioni militari è ”la situazione resta estremamente fragile”, ha sottolineato. In ogni caso, ha ricordato Grossi, “i sei reattori dell’impianto sono spenti dalla metà del 2022, cinque dei quali in modalità di spegnimento a freddo e uno in modalità di spegnimento a caldo”. Il più recente incidente alla centrale nucleare di Zaporizhzhia c’è stato a inizio dicembre.
Nella notte fra venerdì 1 dicembre 2023 e sabato 2 è mancata la fornitura di energia elettrica all’impianto, controllato dal marzo 2022 dalle forze della Federazione Russa, ma ancora gestito dai tecnici ucraini. Sono stati questi ultimi ad attivare i generatori di emergenza ed effettuare manovre eccezionali per evitare “la catastrofe”, come ha dichiarato il ministro per l’energia. “Nella centrale occupata i dirigenti ucraini hanno dovuto comunque gestire l’emergenza di cui non sono certo responsabili – afferma all’Adnkronos Mario Scaramella, consulente della Agenzia Statale ucraina per la Gestione delle Emergenze Nazionali che fa capo al ministero dell’Interno -.
E’ chiaro, infatti, che, chiunque sia in controllo militare, la gestione delle emergenze avviene poi secondo i medesimi protocolli: al livello di primo intervento i pompieri sono sempre gli stessi e abbiamo visto durante l’invasione cambiare i capi a Irpin e Bucha, Chernobyl ma non gli operativi.
Per questo stiamo concentrando la formazione e il supporto a livello di agenzie tecniche, quelle neutrali, che aiutano le persone, proteggono l’ambiente e garantiscono la sicurezza delle infrastrutture al di là della direzione politica e della situazione militare”.
“Proponiamo di escludere alcune infrastrutture e beni giuridici dal conflitto, proprio nella nuova ottica di incertezza circa il futuro di questi territori” conclude.
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