La malaria è la più diffusa fra tutte le parassitosi, la sua diffusione non si limita alle aree tropicali dell’America del sud, dell’Africa e dell’Asia, ma interessa sporadicamente anche gli USA e altri paesi industrializzati, in cui casi clinici della malattia possono apparire in seguito a spostamenti di persone che contraggono la malattia in zone in cui essa è endemica.
I principali vettori della malattia sono le zanzare, la trasmissione avviene attraverso le punture di insetti infetti, in particolare quelli appartenenti alla specie Anopheles, non più presente in Italia.
Sebbene la distribuzione della malaria nel mondo sia stata ridotta e confinata prevalentemente nelle zone tropicali, il numero di persone a rischio d’infezione ha raggiunto circa 3 miliardi e questo numero è suscettibile di aumento.
Ogni anno si registrano nel mondo 500 milioni di casi di malaria con circa 1,3 milioni di decessi. Il 90% dei casi riguarda l’ Africa Sub-sahariana, con un impatto devastante sull’economia e lo sviluppo sociale della gran parte dei paesi colpiti.
La lotta alla malattia è sempre stata accanita, si pensi che negli anni ’60 per mitigare il fenomeno presente in Sardegna, l’Italia mise a punto un programma di irradiamento degli insetti in modo da diminuirne la presenza sull’isola e contenere il contagio.
Obiettivo similare, raggiunto con mezzi differenti, è quello della genetica contemporanea.
Alcuni studiosi dell’Imperial College of London e della Liverpool School of Tropical Medicine hanno ideato un vero e proprio programma di fillicidio delle zanzare, in modo da ridurre la specie per evitare il contagio di malaria.
L’esperimento è stato testato con successo nelle Isole Cayman nel 2009, dove il virus dengue, trasmesso dalla Aedes aegypti, rappresenta un grave fardello.
Negli esemplari di zanzara maschio è stato iniettato un gene e aggiunto che scatena la produzione di una proteina che si accumula nell’organismo fino a essere tossica.
Durante l’allevamento, lo sviluppo della tossina è bloccato dalla somministrazione di un antibiotico, la tetraciclina, senza il quale gli insetti non sopravvivono.
Una volta allevati, gli esemplari sono stati rilasciati ( circa 19 mila) nel corso di 4 settimane per fecondare le femmine. Gli esemplari maschi non più soggetti ad antibiotici sono morti, nella maggior parte dei casi a causa della tossina, così come è avvenuto per le larve alle quali è stata trasmessa per via riproduttiva.
I risultati sono stati sorprendenti: i maschi geneticamente modificati sono arrivati a rappresentare circa il 16% della popolazione maschile nella zona di prova, mentre il gene letale è stato trovato nel 10% delle larve.
Anche Panama e Brasile stanno per fare ricorso a questo metodo visto che, soltanto nel 2013, il Brasile ha contato 1,4 milioni di casi di dengue.
Un altro lavoro molto interessante dell’ingegneria genetica è la ricerca dell’Howard Hughes Medical Institute (Maryland, Usa), dove sono state realizzate zanzare gm incapaci di riconoscere l’odore degli esseri umani. Lo studio è stato, per il momento, dichiarato funzionale alla produzione di nuovi repellenti, ma, con tali strumenti si potrebbero ottenere ben altri risultati.
I dubbi, le perplessità e le incertezze, tuttavia, non si fanno desiderare, a cominciare dai mille interrogativi sulle conseguenze imprevedibili di una sperimentazione genetica. Organizzazioni come GeneWatch e Inf’Omg sono sempre state critiche su questo punto.