Cessare immediatamente il fuoco e avviare subito il processo di pace in Yemen. Questa la richiesta contenuta in una lettera aperta inviata all’ONU con cui Oxfam, Norwegian Refugee Council, Save the Children, Action Contre La Faim e altre sette agenzie umanitarie chiedono al Consiglio di Sicurezza di fare pressione sulle parti in conflitto per mettere immediatamente fine ai combattimenti e riavviare il processo di pace. Chiedono inoltre un nuovo sistema di controllo internazionale per indagare sui crimini di guerra e l’estensione dell’embargo sulle armi per garantire che nessun equipaggiamento militare fornito alle parti possa essere utilizzato in Yemen.
La lettera arriva dopo che la scorsa settimana le due parti principali del conflitto, Ansar Allah e il Congresso Generale del Popolo, hanno accettato di attuare la risoluzione 2216 del Consiglio di sicurezza dell’ONU e il piano di pace definito in Oman, frutto della mediazione dell’inviato speciale delle Nazioni Unite per lo Yemen.
Tra il rapido deterioramento delle condizioni umanitarie, le continue restrizioni sulle importazioni e la disintegrazione dei servizi di base in tutta la nazione, la lettera invita gli Stati membri del Consiglio di Sicurezza a chiedere alle parti in conflitto di provvedere immediatamente alla creazione di un corridoio umanitario per consentire di fornire gli aiuti alle comunità colpite. Il blocco di fatto sullo Yemen dovrebbe essere revocato in modo che le forniture salvavita di carburante, cibo e medicinali possano entrare in tutte le parti del paese.
Dalla fine di marzo, i combattimenti nello Yemen hanno ucciso almeno 2.500 civili, tra cui più di 500 bambini e creato 2,3 milioni di sfollati.
“Sei mesi dopo l’adozione della risoluzione 2216 da parte del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, gli sforzi per raggiungere la pace in Yemen stanno vivendo una fase di stallo, mentre 21 milioni di yemeniti continuano a sopportare il peso di un conflitto brutale”, ha dichiarato Sajjad Mohamed Sajid, Direttore Oxfam in Yemen. “Le Nazioni Unite dovrebbero approfittare dei recenti sviluppi politici per fare pressione per la fine dei combattimenti, riavviare i colloqui di pace e istituire un organismo di monitoraggio internazionale che verifichi le possibili violazioni da ogni parte”.
La lettera sottolinea l’importanza di consentire agli aiuti umanitari di entrare nel paese e raggiungere tutte le zone di conflitto. Nel mese di settembre, solo l’1% del fabbisogno di carburante dello Yemen è infatti riuscito a entrare nel paese, toccando il livello più basso dal mese di aprile.
Migliaia di civili a Taiz, terza città più grande del Paese, sono disperatamente a corto di acqua, cibo e forniture mediche mentre i gruppi armati stringono il loro controllo sulla città e impediscono l’ingresso degli aiuti.
“La crisi umanitaria in Yemen ha raggiunto un livello estremo con i civili che pagano un prezzo molto alto”, aggiunge Gabriella Waaijman, Direttore Regionale per il Corno d’Africa e lo Yemen del Consiglio Norvegese per i Rifugiati. “E’ urgente che tutte le parti consentano agli aiuti di raggiungere le persone in stato di bisogno e che il Consiglio di Sicurezza spinga le parti al rispetto di quest’obbligo fondamentale del diritto internazionale”.
“I bambini stanno sopportando l’enorme peso della crisi nello Yemen: non solo sono stati uccisi durante attacchi aerei e combattimenti, ma le case, le scuole e gli ospedali che sono fondamentali per loro sono stati danneggiati o distrutti”, sottolinea Edward Santiago, Direttore Regionale di Save the Children in Yemen. “Molte famiglie non hanno cibo, carburante e medicine di cui hanno estremo bisogno per sopravvivere e questo perché un blocco de facto ne impedisce l’ingresso nel paese. Abbiamo già assistito a un aumento del 150% dei casi di malnutrizione grave tra marzo e agosto, quindi a meno che non si riesca a fare entrare immediatamente più aiuti, migliaia di bambini potrebbero morire”.
Negli ultimi sei mesi, è più che raddoppiato il numero di bambini che non vanno a scuola. Una scuola su 4 ha chiuso mentre la parte restante è stata danneggiata o è diventata un rifugio per gli sfollati.