Nel 2016 nel campo ambientale ci sono state buone notizie per la capacità delle istituzioni italiane di contribuire agli impegni internazionali per la definizione di obiettivi globali ambiziosi sul cambiamento climatico e per la definizione di piani d’azione efficaci in attuazione delle Direttive europee sulla Natura. Purtroppo dentro i confini nazionali ci si attesta ancora su posizioni di retroguardia, come l’inutile referendum sulla durata delle concessioni delle piattaforme offshore per estrarre combustibili fossili (petrolio e gas) e con riforme che, di fatto (nello Stelvio) e delle norme vigenti (revisione della legge n. 394/1991), depotenziano la tutela della Natura indebolendo la governance delle aree protette e la loro vocazione alla tutela della biodiversità. Segnali poco incoraggianti di fronte alla cronicità dei crimini di natura che colpiscono in Italia ancora specie simbolo come lupi, orsi, uccelli rapaci e persino animali quasi scomparsi come gli ibis eremita. Sulla strategia nazionale di decarbonizzazione siamo ancora ai primi passi, mentre lo sviluppo delle energie rinnovabili continua ad essere una corsa ad ostacoli.
Clima: Italia coraggiosa all’estero, in retroguardia in Italia
Valutazione positiva rispetto ai risultati della conferenza sui cambiamenti climatici di Marrakech, che ha dato gambe all’accordo di Parigi, chiedendo ai Governi nazionali e locali, agli investitori e agli imprenditori privati di aprire la strada a impegni stringenti per accelerare la transizione verso la decarbonizzazione e lo sviluppo sostenibile, anche attraverso l’abbassamento dei costi delle energie rinnovabili. Il WWF si augura che l’Italia si prodighi attivamente perché l’Unione Europea recuperi un ruolo propulsore sulle politiche climatiche e di decarbonizzazione.
Non si può dimenticare, ad esempio, il referendum abrogativo sulla durata indefinita delle concessioni delle piattaforme per l’estrazione degli idrocarburi situate nell’area di interdizione delle 12 miglia marine, che l’associazione ha considerato un’inutile prova di forza. La norma sottoposta al giudizio dei cittadini italiani non poteva né può entrare in contrasto con le norme comunitarie che impongono un termine alle concessioni e per il WWF il Governo avrebbe potuto evitare la consultazione popolare intervenendo per tempo a cambiare anche il sesto dei cinque quesiti proposti dalle Regioni. Invece si è scelto di spendere circa 350 milioni di euro, creando un’inutile frattura tra Governo e Regioni e tra esecutivo e circa 13 milioni di cittadini che sono comunque andati a votare SI’, chiedendo di cancellare una norma scritta male, nonostante gli inviti all’astensione.
Biodiversità: buone (e cattive) notizie dal mondo
Sul fronte internazionale la notizia più bella è arrivata a fine anno:nell’oceano Meridionale che circonda l’Antartide è stata creata la più grande area protetta marina di sempre: 1,57 milioni di km quadrati per proteggere mammiferi marini, pinguini, procellarie e gli ecosistemi più fragili e importanti del pianeta. L’accordo è stato trovato dall’Unione europea insieme ad altri 24 paesi. Buone notizie in chiusura di anno 2016 arrivano anche per la salvaguardia di una delle aree umide più importanti d’Europa e patrimonio UNESCO. Le autorità si sono infatti impegnate a non autorizzare le operazioni di dragaggio del fiume Guadalquivir il cui apporto d’acqua è fondamentale per questa zona umida, dimora per centinaia di specie di uccelli. Il mancato dietrofront del governo spagnolo sarebbe costato l’iscrizione del Parco Nazionale di Doñana sulla lista UNESCO del patrimonio mondiale in pericolo.
Buone notizie per alcune specie minacciate: per la prima volta in 100 anni, il numero delle tigri è in crescita (3.890, erano 200 nel 2010), mentre un accordo internazionale ha costituito una importante vittoria per fermare il commercio illegale di pangolini, braccati per le squame (vendute 600-1000 dollari al kg), mentre un nuovo regolamento in Usa fa segnare un bel passo in avanti per stroncare il commercio di avorio. Sono, infatti, centinaia di migliaia gli esemplari uccisi ogni anno, venduti come specialità gastronomiche o ridotti in preparati dalle indubbie qualità mediche.
Anno positivo anche per il simbolo del WWF (e delle specie minacciate) ilpanda gigante, declassato da una categoria di minaccia maggiore (endangered) ad una minore (vulnerabile) da parte dell’IUCN (Unione mondiale per la Conservazione della Natura). Nell’aggiornamento della Lista Rossa infatti, che ora include l’analisi di 82.954 specie viventi delle quali 23.928 risultano minacciate di estinzione, si sottolinea come la popolazione del panda ha registrato una crescita del 17% nella decade che si è chiusa nel 2014, quando un censimento promosso dal governo cinese ha stabilito la presenza di 1.864 panda giganti in natura nelle foreste della Cina.
Ma le cattive notizie nella Red List purtroppo non mancano: quattro specie di grandi scimmie su sei sono ora in pericolo di estinzione. Continuano anche le stragi di elefanti (ne abbiamo persi più di 100.000 in 10 anni), anche se un nuovo regolamento in USA sembra promettere un cambio di rotta negli Stati Uniti, visto che impone ai venditori di dimostrare la provenienza legale dell’avorio, e mette nelle condizioni i compratori di non rendersi più inconsapevoli complici del traffico illegale di avorio. Tutto questo mentre in Africa nuove tecnologie vengono utilizzate dal WWF e dai Parchi, come Masai Mara, per scovare i bracconieri anche nel cuore della notte, grazie a telecamere a raggi infrarossi: già una decina di bracconieri sono stati arrestati grazie a queste nuove tecnologie.
In Europa: dopo due anni di mobilitazione su scala europea e nazionale in difesa della natura, il WWF, insieme alle altre associazioni ambientaliste attive a Bruxelles e dopo una consultazione che ha visto oltre 500mila cittadini europei (70mila dei quali italiani) sostenere le posizioni degli ambientalisti, ha incassato il 7 dicembre scorso la decisione finale della Commissione Europea che ha confermato la validità e richiesto la piena attuazione delle Direttive comunitarie Habitat e Uccelli e l’effettiva tutela della Rete Natura 2000. La rete di aree protette più estesa al mondo che su scala comunitaria tutela il 18% del territorio europeo e 1 milione di chilometri quadrati e in Italia il 19% del nostro Paese e il 4% delle nostre acque territoriali. Obiettivo tutt’altro che scontato, visto che all’inizio del suo mandato il presidente della CE Jean Claude Junker, si era ripromesso di depotenziare le due Direttive.
Su scala nazionale la tutela attiva della biodiversità non è stata purtroppo priorità del 2016: l’anno si chiude con l’approvazione l’11 novembre scorso in prima lettura al Senato di una riforma della legge quadro nazionale sui parchi, contestata da molte associazioni tra cui il WWF, che indebolisce la governance delle aree protette (terrestri e marine) e aumenta la capacità di condizionamento delle parti politiche e degli enti locali. E’ un disegno che nel concreto il Ministero dell’Ambiente sta sperimentando nel Parco dello Stelvio, con l’insediamento il 29 giugno di un comitato di coordinamento tra Governo, Regione Lombardia e province autonome di Trento e Bolzano che stenta a definire indirizzi unitari e con la proposta, inserita con un emendamento nel testo di riforma della legge sui parchi, di un Parco del Delta del Po, che non supera i limiti di intervento dei due parchi regionali già esistenti da anni in Veneto ed Emilia Romagna.
Non sono segnali incoraggianti anche di fronte al male cronico che colpisce la nostra fauna, il bracconaggio: la lotta ai crimini di natura, che cancella ogni anno lupi, orsi e circa 8 milioni di uccelli ogni anno tra cui cicogne aquile e tanti altri rapaci, non ha visto ad esempio alcun inasprimento delle sanzioni penali nei confronti di bracconieri, più volte richiesto dall’associazione.
Segnali positivi invece per il Santuario internazionale Pelagos per la tutela dei cetacei (87.500 kmq nel Tirreno Settentrionale) che ha registrato il 17 novembre l’adesione alla Carta di partenariato – a sostegno dell’area voluta da Italia, Francia e Principato di Monaco – di tutti e i 10 Comuni della provincia di Genova, a cominciare dal capoluogo regionale e di altri 4 Comuni liguri (Albenga, Ameglia, Riomaggiore e Varazze) e 2 toscani (Vecchiano e Capalbio).
Difesa del suolo: tanta ‘strada’ da fare
Sul consumo del suolo e la manutenzione del territorio, altri temi caldi nella percezione dell’opinione pubblica italiana, dopo 4 anni di continuistop and go dei Governo che si sono succeduti, dalla fine del 2012 al 2016, il 12 maggio scorso è stato approvato in prima lettura alla Camera il disegno di legge sul consumo del suolo che, a giudizio del WWF, finalmente, tra gli aspetti positivi, stabilisce che il suolo è risorsa non rinnovabile e che debbano essere fissati obiettivi nazionali, regionali e locali per il contenimento del consumo del suolo e strumenti che favoriscano la rigenerazione urbana, ma che, nel contempo, rischia di favorire nuove edificazioni con disposizioni mangia suolo, che fanno salvi in via transitoria i piani urbanistici attuativi per i quali sia stata presentata anche solo una semplice istanza e facilitano la sub-urbanizzazione del territorio attraverso la nuova destinazione d’uso orwelliana dei cosiddetti compendi agricoli neorurali.
Tutto questo mentre, dopo le disastrose scosse di terremoto del 24 agosto e del 30 ottobre scorsi in centro Italia, il Presidente del Consiglio dei Ministri decide che il Paese debba dotarsi finalmente di un grande piano di prevenzione per ridurre il rischio sismico e idrogeologico (mentre riparare i danni, secondo le valutazioni di ISPRA, l’istituto di protezione e ricerca ambientale del Ministero dell’ambiente, ci costa in media un miliardo di euro l’anno). Prevenzione che viene affidata alla Struttura di Missione “Casa Italia”, la quale si affianca alla Struttura di Missione “Italia Sicura”. Il WWF, chiamato il 7 settembre scorso ai lavori del tavolo tecnico promosso da palazzo Chigi, chiede subito che al di là dei nominalismi ci sia un’unità d’intenti operativa tra le due Strutture di Missione della Presidenza del Consiglio dei Ministri per stabilire quali siano gli interventi prioritari nelle aree più fragili del Paese, tenendo nel giusto conto anche le necessarie misure di adattamento ai cambiamenti climatici, indicate dal tavolo di lavoro tecnico costituito presso il Ministero dell’Ambiente. Inoltre, l’associazione chiede risorse effettive, mirate e continuative e non piani faraonici da 75 miliardi di euro in 15 anni (5 miliardi di euro l’anno), quando solo a questo scopo nella Legge di Bilancio 2017 non vengono destinati interamente nemmeno gli 1,9 miliardi di euro in essa previsti per il prossimo anno.