Nel 2017 sono ricorsi i 50 anni dalla morte di Woodrow Wilson Guthrie, conosciuto come Woody Guthrie, nato a Okemah il 14 luglio del 1912 e morto a New York, il 3 ottobre del 1967, ma crediamo che, per lo meno nel nostro paese, non sia stato ricordato a sufficienza per il peso e il valore che ha avuto nella controcultura della nostra epoca e nella musica che da essa è nata. Musicista, cantautore, scrittore, studioso del folklore statunitense occupa un posto speciale nella storia della musica americana: grandi artisti come Bob Dylan, Joan Baez, Bruce Springsteen hanno cantato le sue canzoni e si sono ispirati alla sua visione libertaria del mondo e alla sua rabbia sociale contro le ingiustizie e le sopraffazioni del sistema capitalista. In Italia hanno interpretato alcune sue canzoni gli Stormy Six, Davide Van de Sfroos, Edoardo Bennato, Luca Barbarossa, Moni Ovadia, Modena City Ramblers, Lorenzo Bertocchini & The Apple Pirates, e altri. Nel 2003 la cantante folk Joan Baez, nel suo album Dark Chords on a Big Guitar, rende omaggio a Guthrie nel brano Christmas in Washington, il cui testo di Steve Earle è un dialogo immaginario con Guthrie, in cui gli si chiede di tornare per riprendere la lotta contro il potere costituito e aiutare gli statunitensi nella difficile epoca di George W. Bush.
Molte delle sue registrazioni sono conservate nella Biblioteca del Congresso della Nazione, a testimonianza del valore culturale della sua opera. L’impasto musicale delle sue composizioni contiene blues di tradizione negra, folk di matrice bianca, ballate tradizionali, pezzi di improvvisazione con influenze jazz, suggestioni rock; tutta la cultura musicale americana, specie quella delle minoranze, vibra nelle sue canzoni che precorrono la canzone di protesta degli anni ’60. Da lui discende infatti la figura del cantautore di protesta che divenne un mito durante l’epoca del folk revival, ispirando un’intera generazione di nuovi musicisti folk.
Guthrie è davvero il cantore della sua terra con tutte le sue contraddizioni, il poeta-musico dei poveri, degli emarginati, degli oppressi della società ai quali presta parole e voce. La sua canzone più famosa, di cui i giovani oggi conoscono soprattutto la intensa versione di Bruce Springsteen, si chiama This Land Is Your Land (Questa terra è la mia terra) che ha anche ispirato un film tratto dalla sua autobiografia Bound for Glory.
Spirito libertario e ribelle alle convenzioni sociali, Guthrie compone per questa canzone un testo d’amore e dolore per gli ultimi che la sua terra sembra emarginare.
“Questa terra è la tua terra questa terra è la mia terra/ dalla California all’isola di New York/dalle foreste di sequoie alle acque del Golfo del Messico/ questa terra è fatta per te e per me.”
Ma questa terra che dovrebbe essere di tutti è invece la terra del grande rifiuto.
“All’ombra del campanile ho visto la mia gente/ vicino all’Ufficio Assistenza ho visto la mia gente/ loro stavano lì affamati ed io stavo lì a chiedermi/ questa terra è stata fatta per te e per me?”
La sua ideologia socialista, e per un certo periodo comunista, lo consegnò all’attenzione dell’ FBI e della Commissione per le attività antiamericane che in epoca maccartista lo bandì da tutte le radio del paese. Del resto era inconcepibile per il Governo americano che un giullare, come lo definivano, per di più di sinistra, potesse impunemente entrare con la sua voce nella casa dei “buoni” Nord Americani e suonare quella chitarra su cui Woody aveva impresso il suo marchio distintivo, lo slogan “This Machine Kills Fascists” (Questa maccina uccide fascisti), scritta che aveva fatto sua quando si arruolò nella marina mercantile che appoggiava l’esercito statunitense nella lotta al nazifascismo nel 1943 e che non cancellò mai più neppure nella vita civile, poiché sapeva che il fascismo continuava a nascondersi nelle stesse pieghe di quella società americana che per motivi politico-economici lo aveva combattuto durante la seconda guerra mondiale.
La vita di Guthrie non fu facile. Suo padre aveva fatto fortuna con il boom petrolifero ma ben presto i giacimenti si esaurirono e molte famiglie finirono sul lastrico, tra queste quella di Guthrie. Altre disgrazie si sommarono a questa: la sua casa venne distrutta dal fuoco, la sorella morì per l’esplosione di una stufa a petrolio e anche il padre morì ustionato in un incendio dalle circostanze mai chiarite, la madre si ammalò gravemente e anch’essa lo abbandonò. Woody si ritrovò solo, con una famiglia distrutta alle spalle e cominciò a vagabondare per gli Stati Uniti mantendosi con qualsiasi lavoro.
In questi viaggi difficili, in vagoni di treni da carico, nel cuore della provincia americana, a contatto con la gente umile dei campi e delle piccole città, imparò a suonare l’armonica a bocca, il mandolino e la chitarra che da allora sarà sempre la sua amata compagna di viaggio e insieme alla sua voce il suo più potente mezzo espressivo. Nel suo itinerare, giunto in Texas, suonò per breve tempo in una country band, perfezionando un personalissimo modo di pizzicare le corde e cominciando a scrivere canzoni che raccontano l’America dei lavoratori, della gente comune, i loro bisogni, le loro lotte e tutta la quotidiana fatica del vivere. Guthrie stesso lo ha dichiarato in un intervista: «Scrivo le cose che vedo, le cose che ho visto, le cose che spero di vedere, da qualche parte, in un posto lontano.»Si dice abbia percorso tutti i 48 Stati dell’Unione di allora, spostandosi continuamente.
La sua straordinaria capacità di rievocare in musica e versi la vita della gente, dagli scaricatori di porto nelle città ai barcaioli lungo i fiumi ai contadini nei campi, bisbigliando, fischiettando o gridando con la sua inconfondibile voce roca, non ne fa solo il più significativo dei folk-singers ma un vero e proprio poeta.
Woody Guthrie fu inoltre un prolifico scrittore, scrisse, oltre alla sua famosa biografia, centinaia di pagine di poesie e prose mai pubblicate, la maggior parte composte durante il soggiorno a New York. Qui vi arrivò negli anni trenta e entrò in contatto con un gruppo di intellettuali che andavano riscoprendo la musica popolare come essenza dell’anima di una nazione. In lui trovarono il rappresentante di quella genuina arte popolare che andavano studiando e ben presto divenne il massimo punto di riferimento della musica folk statunitense. Interruppe le sue attività per arruolarsi in guerra ma le riprese al suo ritorno a casa. Però il clima del dopoguerra in America aveva sapore di guerra fredda e “caccia alle streghe” maccartista. Guthrie subì vere e proprie persecuzioni e in questo periodo la sua salute psicofisica cominciò ad accusare colpi. All’inizio i medici pensarono a una diagnosi di schizofrenia fino a diagnosticare il vero male che lo affliggeva, la Corea di Huntington, una grave malattia ereditaria degenerativa che produce alterazioni fisiche, del comportamento e pesanti deficit neurologici. Sposato tre volte e padre di otto figli, Guthrie si trovò ad affrontare una malattia che gli impediva di fare ciò che aveva sempre fatto, esibirsi in pubblico e cantare.
Ma la sua tempra vitale lo fece resistere fino all’ultimo, appoggiando la campagna di sostegno alla malattia che lo affliggeva. Però le sue condizioni peggiorarono al punto tale che dovettero ricoverarlo in un ospedale psichiatrico (Bob Dylan lo andrà a trovare molte volte, anche per sottoporgli le sue canzoni) dove resterà recluso, eccetto che per brevi periodi, fino alla sua morte avvenuta il 3 ottobre del 1967, a soli 55 anni e alle soglie di un’esplosione di lotta e creatività giovanile che nel ’68 lo avrebbe eletto come uno dei suoi miti fondanti. In quello stesso anno, nella città di New York, sua moglie, Majorie Guthrie, fondò il Comitato per combattere la Malattia di Huntington (Committee to Combat Huntington’s Disease). Quel movimento, a distanza di anni, è ancora vivo e attivo e continua a crescere in tutto il mondo. Il canto di Woody Guthrie risuona come un’ostinata speranza nei cuori di chi soffre per la sua stessa malattia nella sua canzone If you can’t remember how I died remember how I lived ( Se non ricordate come sono morto ricordate come son vissuto): and if you can find it in your heart to forgive/know that the piece of brain that had to fall/never affected my love for you at all/I’m gonna play this thing ‘till they find a cure/ (se trovate il perdono nel vostro cuore/ sappiate che la parte di cervello che è dovuta cadere/ non ha mai danneggiato il mio amore per voi/ suonerò questa canzone fino a quando troveranno una cura)
L’eredità che Woody Guthrie ci ha lasciata è un patrimonio enorme di lucidità, coraggio, ideali, passioni e musica, di sogni e vita vissuta, un cumulo di esperienze straordinarie che ha ancora molto da dire in questa nostra epoca inconcludente e feroce che ha dimenticato tanti dei suoi validi miti per proporcene altri consumistici e deteriorabili.