Il Tirolo italiano
Welschtiroler di Ivana Tomasetti edito da Ciesse Edizioni è un romanzo storico, che narra le vicende di una famiglia durante la Prima Guerra Mondiale. Ivana Tomasetti è un’appassionata ricercatrice e la sua voglia di conoscenza l’ha spinta ad approfondire una storia dimenticata che trae ispirazione da vicende personali, legate alla propria famiglia. Il rigore nelle ricerche storiche, la grande sensibilità dell’autrice e la sua creatività, fanno di Welschtiroler un romanzo appassionante e profondo.
Welsch-Tirol (Tirolo Italiano), ai tempi dell’Impero asburgico, era il nome dato al Trentino per indicare la zona in cui si parlava la lingua italiana.
Siamo nel 1914 in Trentino e una famiglia di contadini che vive in terra austriaca, nei pressi del confine italiano, viene separata all’inizio della guerra. Il padre partirà per il fronte e la madre con il piccolo Giuseppe sarà internata nel campo profughi di Braunau. La storia racconta le vicende, le speranze e i dolori di una famiglia che per anni perde i contatti con gli altri membri, in una lotta che non è solo sopravvivenza, ma anche trasformazione personale.
Ivana Tomasetti è nata a Trento e vive in provincia di Lodi. Ha insegnato lettere nella scuola primaria e in quella secondaria di primo grado per quarant’anni, e la scrittura ha sempre occupato un posto importantissimo nella sua vita. La ricerca storica è in cima alle sue passioni e nell’intervista ci spiega perché.
Abbiamo avuto il piacere di scambiare con lei alcune battute e ci siamo fatti raccontare qualcosa in più sul suo romanzo e sulla sua storia personale.
Welschtiroler di Ivana Tomasetti
Lei ha scelto di ambientare la sua storia durante la Prima Guerra Mondiale. Come mai? C’è stato un evento, un’informazione che ha catturato la sua attenzione e che l’ha spinta a scrivere su questo argomento?
Le storie che di solito scrivo arrivano dalla realtà, la mia penna le racconta così come sono. Quello che io aggiungo sono i dettagli, i sentimenti, le sensazioni, lo scavo interiore che la storia dei libri di scuola non ha tempo di far conoscere. Tale indagine interiore è il frutto della mia fantasia, oserei dire della mia sensibilità, degli studi di psicologia che fanno parte del mio background. Welschtiroler è ambientato nella Prima Guerra Mondiale perché nasce dai racconti di mio padre, che visse a quel tempo le sue esperienze di bambino.
WELSCHTIROLER è frutto di minuziose ricerche storiche. La famiglia che è protagonista del suo romanzo è realmente esistita oppure è frutto della sua creatività?
La famiglia non è realmente esistita in tutti i suoi componenti. È esistito il figlio Giuseppe che è la figura di mio padre e insieme a lui mia nonna, la madre, che visse con lui nel campo profughi di Braunau. Il padre invece rappresenta tutti quelli che, cittadini dell’impero austroungarico, divennero soldati sul fronte orientale e la rivoluzione russa spinse fino in Cina prima di poter tornare a casa. Il personaggio è inventato, ma ciò che gli accade è tratto dalla realtà, vissuta da altri.
Mentre scriveva WELSCHTIROLER, c’è stato un personaggio a cui si è legata particolarmente? Che le è entrato nel cuore?
Il personaggio a cui sono particolarmente legata è la madre perché come donna mi sento vicina ad altre donne e alle loro sofferenze. Di fatto, però, quando scrivo, mi immedesimo in ciascun personaggio e mi sembra di vivere le sue stesse esperienze. È un po’ come raccontare di me stessa, mantenendo coerenze logiche in base all’età che i personaggi hanno. Mi piacciono molto anche le figure infantili o adolescenti, forse perché ho insegnato per quarant’anni e ho conosciuto tristezze e sorrisi dei miei alunni.
Lei ha scritto altri romanzi. Sono tutti storici? Se sì, ci racconta perché preferisce questo genere agli altri?
Oltre a questo ho pubblicato un altro romanzo storico presso l’editore Terre Sommerse (Identità alla sbarra, 2019). Parla di una donna portoghese realmente vissuta, che si fece passare per uomo per vent’anni senza essere scoperta, diventando un personaggio importante, un generale. Mi piace il genere perché scavare nella vita sociale o personale di uomini o donne dimenticate dalla storia mi sembra molto interessante, sviluppa la vena di detective che viaggia nel mio spirito, che fa riemergere situazioni che non conosco. È un modo di studiare e imparare, cosa che ho fatto per tutta la vita.
Quali sono le sue abitudini di scrittura? Non so, ha bisogno ad esempio del silenzio assoluto? Non può stare senza una buona tazza di caffè mentre scrive?
Non ho abitudini di scrittura, il mio computer è sempre aperto, talvolta mentre scrivo mi viene in mente qualcosa e vado a verificare. Non mi serve il silenzio. Se scrivo, non ho in mente altro. Scrivo poche pagine, ma tutti giorni, come una necessità personale. Quando le parole sono finite, faccio una pausa e poi esse ritornano, come un orologio che si ricarica ogni volta. Non capisco neanch’io come possa succedere.
Lei è un’appassionata di ricerca storica, quale altra passione assorbe il suo tempo libero?
La passione della scrittura è sempre stata in un angolo della mia mente, adesso che ho tempo è uscita con tutta la sua energia. Altre passioni che riempiono le mie giornate sono il volontariato a cui dedico un giorno o due alla settimana, la lettura di libri simili a quelli che scrivo, oppure di saggi di carattere attuale o storie di donne. Ogni tanto un viaggio, ma adesso solo col pensiero.