Si tratta di una guerra agli sprechi alimentari, tematica questa, al centro dell’opinione pubblica. Sulla scia della costante ricerca di mezzi e soluzioni per combattere gli sprechi nasce Wefood, accompagnato dai tanti sistemi di food sharingancora poco diffusi.
Qualcuno potrebbe pensare che l’iniziativa nasca per rivolgersi ai clienti con reddito più basso, in realtà questo rappresenta più un effetto che la causa vera e propria di WeFood; il progetto legato a quest’ultimo, infatti, nasce dalla preoccupazione relativa alla mole di rifiuti alimentari prodotta nel Paese. Parliamo di circa 1,3 miliardi di tonnellate al giorno in tutto il mondo e 700 mila soltanto in Danimarca. Non bisogna pensare, inoltre, che gli sprechi alimentari si consumino fra le mura di casa, ci sono una serie di passaggi intermedi in virtù dei quali il cibo rischia di finire nella pattumiera.
Si parla di quella merce per cui è difficoltoso prevedere, ad esempio, l’eventuale domanda per cui si produce comunque un surplus, prodotti scartati dai canali commerciali perché difettosi o brutti da vedere, taluni, invece che non superano il test per il confezionamento. Tali cibi vengono accumulati dai volontari Folkekirkens Nødhjælp che provvedono alla vendita tramite Wefood. Un’iniziativa senza dubbio interessante e degna di nota, tanto da suscitare l’attenzione del ministro danese per l’Ambiente Eva Kjer Hansen.
C’è da dire che la Danimarca da sempre ha dimostrato una certa sensibilità relativamente al tema dello spreco alimentare, negli ultimi cinque anni ha ridotto, in effetti, del 25% i rifiuti di genere. Il tema del cibo invenduto sta interessando un po’ tutti i Paesi, la Francia ha da poco approvato una legge che vieta ai supermercati di gettare via generi alimentari invenduti e, nel proprio piccolo, molti sistemi di condivisione girano ad opera dei volontari nella speranza di una regolamentazione reale sulla scia di quella francese.