Angelo Garini, classe ’67, nativo di Milano, non ha bisogno di presentazioni. Sfida la settorializzazione del sapere e a contraddistinguerlo è una personalità poliedrica, in moto costante verso un unico indirizzo, quello in cui abita la bellezza. Garini l’architetto, il comunicatore, l’editore, lo scrittore, lo specializzato in arte dei giardini. Se la sua professionalità si esprime all’interno dei confini che racchiudono il nuovo concetto di progettazione da lui stesso ideato- quello che abbraccia sia la dimensione dell’abitare che quella del ricevere- per la sfera temporale, Garini è colui che porta con sé una valigia che racchiude più di un secolo di storia e da cui trae ispirazione.
Che differenza c’è tra un evento privato, un evento pubblico e un evento-matrimonio?
«Sostanzialmente nessuna. Il nostro approccio all’evento è sempre quello del ”padrone di casa” che riceve a casa propria, sia che si tratti di un evento pubblico, privato o di un matrimonio. L’idea è quella di ricevere gli ospiti con ogni cura e attenzione, dando a tutti la sensazione di essere protagonisti di un momento unico e speciale.»
Cosa pensa dell’organo di certificazione dei weddingplanner che fa riferimento a ‘Fac Certifica’? Potrebbe essere una strada plausibile per arrivare ad istituire un albo di categoria?
«Spero che ci si possa arrivare, prima o poi; so che ci si sta lavorando da più parti.»
Qual è il primo indice secondo cui è possibile inquadrare un weddingplanner come improvvisato? Cioè cosa un weddingplanner non dovrebbe sbagliare mai?
«Ciò che manca è la cultura. Provi a chiedere a chi vuole operare in questo settore, come si allestiva una tavola nel rinascimento o quando si è prodotta la prima porcellana europea o a chi corrisponde il titolo di Monsù o ancora, che cosa distingue il tema musicale del contrappunto o come si produce un velluto soprarizzo. Nessuno le saprà rispondere e ciò è sorprendente. Considerato che chi fa eventi, che sono l’espressione dell’arte del ricevere, queste cose dovrebbe conoscerle come se fossero il proprio alfabeto.»
Il 18 ottobre, il sindaco Marino ha registrato 16 matrimoni omosessuali registrati all’estero. Come inquadra le resistenze politiche come quelle che sono provenute dal nostro Ministro dell’Interno?
«Il mio pensiero più profondo va nella direzione della massima libertà per ciascuno, nonché del massimo rispetto della personalità e dell’essenza di ognuno di noi. Ritengo quindi che, l’unione tra due persone, ove sia necessario che venga sancita in maniera ufficiale, facendo noi tutti parte di una società civile e organizzata, debba essere consentita all’essere umano in primis, e a prescindere da qualunque altra possibile considerazione di genere.
Credo però che, finché si farà l’errore di voler fare del matrimonio omosessuale la copia “povera” di quello eterosessuale, si farà solo confusione.
Partiamo dal concetto di unione: quella tra uomo e donna è di un tipo, quella tra persone dello stesso sesso è di un altro. Stessa importanza, stessi diritti e stessi doveri, ma una configurazione personalizzata per le due situazioni.Solo quando anche l’unione omosessuale avrà pari importanza e non si cadrà nell’ovvietà di chiamare la coppia “marito e marito” o “moglie e moglie”, queste unioni otterranno il rispetto e la valorizzazione che meritano.»