Troppo facile oggi, alla luce dei riusltati dell’appena trascorsa e nemmeno completata del tutto tornata elettorale, mimare il gesto della coltellata al cuore come il buon Beppe Grillo si è premurato di mimare stamattina in rappresentazione del commento ‘principe’ del suo movimento pentastellare.
No, non c’è da piangere e stracciarsi le vesti da parte del M5S, che pure accusa un buon 21,16%, ma una seria riflessione va sicuramente posta in essere.
Non vogliamo passare per quelli che, molto antipaticamente, sottolineano ma i giorni addietro e anche ieri sui social fioccavano post a cinquestelle (perseguiamo quelli che fotografano il voto, dicevano, e poi proprio uno dei loro attivisti si fa beccare a mettere il suo voto fotografato su facebook, per esempio) con proclami e ‘grida di vendetta’, poi dalle 23 di domenica tutto tace e il “vinciamo noi” (che sinistramente ricalca il grido di battaglia arancione di qualche anno fa) si è ammainato insieme a chi il vessillo lo sventolava alto.
Al di la delle simpatie personali che vanno o non vanno al barbuto genovese ma anche al messere fiorentino o a mister B. e i residui dei brluscones sparsi qua e la, ci piacerebbe che chi ha perso traesse insegnamento dal fatto che a “maleparole e sputi in faccia” non si va da nessuna parte, con le liste dei proscritti e le minacce all’olio di ricino ancora meno. Si era incazzati prima e lo si è adesso, l’incazzatura non è una stimmata che afferisce solo ad alcuni eletti.
L’Italia non è un Paese votato alla lotta, rimane profondamente segnato in senso cattolico e i decenni vissuti sul dorso della balena bianca non possono essersi dissolti al primo sole d’estate. Forse, più che cercare i difetti agli altri, sarebbe bene cercare di capire che da soli non si va da nessuna parte. Se poi ai cinquestelle li chiama anche la Le Pen allora la faccenda si fa davvero seria.
Veniamo al PD e al trionfatore Renzi. Già si sprecano le sperticate e – a volte – anche abbasttanza temerarie analisi politologiche del voto. Guelfi e ghiellini (essendo il nostro fiorentino la cosa non è casuale) si apprestano già a mettere sempre più nero su bianco le proprie posizioni e a cercare di inculcare negli altri la convinzione che le proprie dissertazioni sono giuste, obiettive, quelle vere.
A noi non interessa la verità, ci interessa la realtà e quella sì, incontrovertibilmente, ci dice che il futuro immediato dell’Italia – piaccia o meno – si chiamerà Matteo Renzi e tale sarà il nome dell’Italia anche in Europa dal momento che già si appropinqua il semestre di presidenza italiana della Commissione Eurpea.
Cosa succederà preferiamo raccontarlo e non prevederlo. Sarà la Peste Rossa che si propagherà o piuttosto questo rosso del PD non è già un bel po’ sbiadito dal bianco rimembrante ed incombente? Lo scopriremo solo vivendo.
Di certo altro dato fondamentale che esce dalle urne è la disgregazione del centro destra che segue il disfacimento dell’appeal del proprio indiscusso leader. Forza Italia ancora resiste a galla con il suo 16,82% ma boccheggia sull’onda del ricordo dei fasti che la portarono, solo pochi anni fa, alle soglie del trenta per cento. Gli alfaniani del NCD non vanno oltre il risicato 4,38% e la ruota di scorta Lega Nord affoga (o si tiene in linea di galleggiamento, secondo alcuni) nel suo 6,16%.
Altro dato innovativo è che un altra sinistra oltre il PD esiste ed è possibile, ce lo ha insegnato il greco Tsipras che, anche con il solo 4,03%, non solo supera lo sbarramento ma fa capire che non tutto è morto sotto le macerie del muro di Berlino ma alcuni ideali e la proposta di un’Europa diversa c’è e in Grecia si porta a casa addirittura il 27,81%.
26 Maggio 2014
VUOI VEDERE CHE DILAGA LA “PESTE ROSSA”?
Scritto da Gianni Tortoriello
L'Italia non è un Paese votato alla lotta, rimane profondamente segnato in senso cattolico e i decenni vissuti sul dorso della balena bianca non possono essersi dissolti al primo sole d'estate.