Viviamo questo tempo sospeso fra pandemia e guerra ma lo comprendiamo davvero? Si, sembra unna domanda filosofica fuori posto in un momento in cui dovremmo farci prendere dal pragmatismo e capire che. ormai, conviene vivere alla giornata. Purtroppo non ci riusciamo, siamo convinti che senza uno sforzo di comprensione di cosa stiamo vivendo non possiamo nemmeno vivere al meglio.
Siamo immersi in una situazione di dolore, questo è innegabile, da oltre due anni. No non è una questione di libertà come hanno cianciato finora i no-qualcosa sempre. Non si tratta di essere dovuti rimanere tappati in casa ma aver dovuto cedere un pezzettino della nostra amata quotidianità in nome del bene supremo della salute.
L’abbiamo fatto, la maggioranza di noi, in piena coscienza e senza lamentarci a differenza di chi ha preferito abbandonarsi a tutti i complottismi possibili ed immaginabili e rovinarci quel poco di esistenza residua che ci è rimasta. Ci piacerebbe ora trasportarli nell’Ucraina invasa per far loro toccare con mano che significa davvero perdere la liberà dalla sera alla mattina.
Le motivazioni della guerra
Per quanto fior fiore di politologi ed esperti strateghi internazionali ci spieghino – benché nessuno glielo abbia chiesto in verità – i perché della guerra scatenata dall’attacco russo all’Ucraina omettendo qua e là o dando predominanza ad una motivazione sull’altra per proprie simpatie o chissà perché. In quei luoghi si muore, si perché la guerra è morte sempre e comunque la si voglia trattare.
Gli schieramenti che vedono in lizza le ragioni ucraine di preservazione del territorio nazionale. Quelle politiche russe di contrasto dell’allargamento dell’alleanza atlantica ad est sono ormai state sviscerate fino alla noia. Le motivazioni in realtà non sono né così nette né così semplici perché se così fosse significherebbe che sarebbe molto facile anche fermarlo questo conflitto e non è così.
La retorica populista poi del popolo che sta in mezzo e ne paga solo le conseguenze è un poco trita e triste. Questa postula il totale disastro delle democrazie occidentali e l’esistenza del famelico leviatano russo che vuole fagocitare tutto e tutti. La narrazione è tutta in omaggio ad una malintesa voglia di ricreare l’URSS che è il messaggio che si sta facendo passare.
L’Europa dov’è?
La domanda più stupida che ci si possa porre, ma anche quella più pregna di significato, è: ma l’Europa dov’è? Che fa? Ci siamo fatti arrivare la guerra in casa e come istituzione europea denunciamo tutta l’incapacità ad essere un’entità distinta dai singoli stati. Oltre il livello puramente economico, o forse meglio finanziario siamo pari al nulla cosmico. Non siamo capaci né di avere né di portare avanti una politica comune che vada oltre lo stabilire il prezzo delle eccedenze di latte.
Istituzioni irriconoscibili e misconosciute dagli interlocutori che vedono solo gli U.S.A o la N.A.T.O e istituzioni incapaci anche di porsi come mediatrici in questo oscuro momento. Sono otto anni che la situazione nel Donbass è questa ed abbiamo sempre preferito girare la testa dall’altro lato.
Un’Europa che ha permesso non solo ai Russi di invadere l’Ucraina ma che mai ha dialogato con questo Paese cercando di capire le sue dinamiche democratiche interne che dovrebbero essere la precondizione per l’ammissione di un Paese nuovo al consesso europeo. Ora vediamo quella popolazione sotto assedio e miracolosamente vorremmo fare qualcosa?
Profughi di serie A e profughi di serie B
Ora che si prospetta all’orizzonte la serissima probabilità di dover, umanamente aprire le porte ad un’ondata di profughi che calerà dai confini ucraini tutti a fare professione di ospitalità come se questi profughi avessero più diritto di asilo che non quelle altre migliaia che sono sempre giunti sia sulle sponde del mediterraneo che sulla rotta balcanica.
L’Africa è lontana, il medio oriente è a mezza strada e l’Ucraina è all’estremo levante del vecchio continente. Perché mai dite di vedere, giustamente, vicino il popolo ucraino e non i siriani o i profughi dallo Yemen o dal Ciad o da altri stati al centro del continente nero? Perché quelli imbarcati su barconi che scappano dall’inferno libico sarebbero minus rispetto agli ucraini che oggi vivono nel dramma?
L’accoglienza, cara Europa, non sai nemmeno dove sta di casa: diciamolo chiaro e tondo. Politiche di accoglienza non ne hai mai voluto prevedere se non in generici e ben poco applicabili editti più o meno improbabili. Ora parlate di sanzioni ma approvate risoluzioni che sono solo pannicelli caldi, tirate fuori gli attributi perché o ora o mai più.
Usate tutti i mezzi, fermate questo scempio!
Ecco, quello che noi ci sentiamo di dire è solo: usate tutti i mezzi che volete ma fermate questo scempio. Smettetela di mettere ragioni politiche ed economiche davanti alle vite delle persone. Date un senso al vostro essere istituzione e siate interlocutori attivi anche dell’alleanza atlantica di cui abbiamo scelto di essere partner non sudditi.
Abbiate un sobbalzo di dignità che vi faccia capire che o questo continente è unito e rema all’unisono oppure questo è l’inizio della fine che non tarderà ad arrivare! Date un senso a questo tempo sospeso, fate in modo che non sia ancora tempo perso o, peggio, tempo sottratto all’umanità.