Di Natale e compagni dell’Udinese sono scesi in campo condividendo la loro maglia con il gialloblù del Castelfranco Calcio Femminile. E poco prima del calcio di inizio, le ragazze della compagine di Castelfranco Di Sotto (PI) hanno fatto il loro ingresso a bordo campo srotolando uno striscione che recitava “Viva il calcio femminile“!
Udinese – Sassuolo di domenica 24 maggio, è stata un vero e proprio omaggio alle donne del calcio. Un momento per affermare che anche una bambina deve poter sognare di diventare calciatrice, rompere gli schemi e “dare un calcio” ai pregiudizi che talvolta circondano il movimento del calcio femminile.
La squadra toscana, infatti, è la terza vincitrice dell’inedita iniziativa lanciata lo scorso gennaio da Dacia, main sponsor dell’Udinese Calcio e patrocinata dal CONI, per premiare quell’Italia sportiva e poco nota che, con spirito di sacrificio e dedizione, riesce a distinguersi nella propria disciplina.
Domenica, quindi, Di Natale e compagni, in campo contro la squadra emiliana, hanno vestito una maglia speciale: metà con le tradizionali strisce bianconere, l’altra metà con il gialloblù del Castelfranco Calcio Femminile. Un’occasione per offrire un palcoscenico d’eccezione, come uno stadio di Serie A, a ragazze che fanno dell’impegno e della passione la cifra del loro amore per il pallone e mettere da parte alcuni stereotipi ancora esistenti.
La storia del Castelfranco Calcio Femminile inizia nel 1984, quando un gruppo di ragazze, fino a quel momento tifose di compagni e fidanzati componenti la squadra maschile del luogo, decide di “scendere dagli spalti” ed indossare gli scarpini, iniziando un’avventura che le ha condotte fino ai campi della Serie A femminile, nel Campionato 2001/2002. Il culmine di una parabola che da quel momento inizia una graduale fase discendente, soprattutto a causa delle scarse risorse a disposizione.
Nonostante il boom degli ultimi 6 anni, con un aumento del 72%2 delle calciatrici in attività, in Italia il movimento femminile resta limitato all’ambito dilettantistico, dove le calciatrici per vivere sono costrette a svolgere un’altra attività, indossando gli scarpini solo a fine giornata, per continuare ad inseguire il sogno di poter, un giorno, vivere di calcio.
«Gli allenamenti – dice Francesca Saponetta, Direttore Generale del team – iniziano proprio quando finisce la giornata lavorativa. Così si torna a casa tardi e la cena slitta sempre dopo le 22. Cosa ci spinge? La passione e l’idea che senza di noi molte bambine non avrebbero avuto la possibilità di fare del calcio il proprio sport». «Chi ce lo fa fare? È quello che mi chiedo tutti i giorni! – continua sorridendo Saponetta – In realtà, più di ogni altra cosa, a spingerci ad andare avanti è l’idea che per molte bambine siamo state e saremo un esempio da seguire, un’opportunità per vincere un certo conformismo, per andare oltre e rompere schemi precostituiti».
Un’iniziativa, questa, che ha assunto un particolare sapore dopo le tanto chiacchierate dichiarazioni in seno alla federazione da parte di chi etichettava in maniera sessista le calciatrici e il movimento del calcio femminile in genere.