Sono 102 le donne che nel 2021 sono state uccise in ambito familiare affettivo. Di queste, 70 sono state uccise dal partner o dall’ex partner. Questi i dati contenuti nel report sugli omicidi volontari a cura del Servizio analisi criminale della Direzione centrale della polizia criminale. Gli autori dei femminicidi, quando non si suicidano, vengono assicurati alla giustizia. Come continua, invece, la vita dei figli delle vittime di femminicidio (quando non vengono uccisi anche loro)? Nella grande maggioranza dei casi parliamo di minori che vengono affidati ai nonni o agli zii materni (in casi rari a nonni o zii paterni) o, quando questo non è possibile, a famiglie affidatarie.
Figli delle vittime di femminicidio: il progetto RESPIRO
La seconda domanda è: come prosegue la vita emotiva e non solo di coloro che sono stati definiti “orfani speciali“? Chi aiuta questi bambini e adolescenti a superare il dramma vissuto dalla propria famiglia? L’impresa sociale Con i bambini ha da poco approvato un progetto, nell’ambito del Fondo per il contrasto della povertà educativa, denominato RESPIRO. Il progetto è realizzato da Irene ’95 Cooperativa sociale in collaborazione, tra l’altro, con Save the Children e Terre des Hommes Italia. Il programma, nell’arco di quattro anni, porterà agli orfani speciali e ai loro caregivers, un aiuto non solo psicologico ma anche materiale per consentire loro di guardare al futuro nonostante il dramma vissuto. Con Fedele Salvatore, presidente del CdA di Irene ’95 e coordinatore del progetto RESPIRO, abbiamo parlato della necessità di creare una rete, di fare sistema intorno ai bambini che hanno vissuto così da vicino l’esperienza della violenza domestica.