Riflessioni sulla violenza contro le donne nella Giornata Internazionale contro la violenza sulle donne: quanta originalità. Ci sono problematiche così gravi nel mondo di cui nessuno si interessa che la giornata a essa dedicata nell’anno è l’unica possibilità che si ha per scuotere qualche coscienza, per racimolare qualche spicciolo per la buona causa.
La violenza sulle donne, invece, sembra quasi non abbia bisogno di una giornata dedicata all’anno perché la giornata contro la violenza sulla donna cade circa ogni tre giorni. Nel 2023 in Italia ogni tre giorni una donna è stata uccisa dal proprio partner o ex partner. Delle 105 (finora), anzi 106 (il conto si aggiorna velocemente), donne uccise qualcuna ha avuto paginoni sui giornali, spazi nei talk televisivi, post dedicati sui social da persone estranee con tanto di sequela di commenti divisi tra il triste e l’indignato. Altre, invece, un breve passaggio al telegiornale e nulla più.
La storia di Loredana
E dire che nel macabro elenco, di qualche anno fa, poteva esserci anche il mio nome. Quando ci penso mi chiedo come i media avrebbero trattato la notizia del mio assassinio. Si sarebbe detto che dall’esterno sembravamo una famiglia perfetta? Oppure che l’assassino era una persona tanto rispettabile nel suo ambiente? Sarebbe stata spesa qualche parola sulla figlia rimasta orfana?
Invece sono qui, a vedere ancora la luce del sole. Come ne sono uscita? Come vivo ora? Beh, vorrei potervi raccontare una storia di riscatto fatta di grandi imprese. Vorrei utilizzare paroloni, come “patriarcato”, che tanto si stanno sentendo in questi giorni. In realtà la mia è una storia molto più semplice. Sono una di quelle donne che non ha denunciato il proprio partner. Cosa avrei potuto dire? “Ostacola ogni mio progetto lavorativo“? “Sminuisce la mia professionalità“? “Trova molto più conveniente avermi a carico per ottenere delle detrazioni fiscali“?
Sfiducia nelle istituzioni
Non ho avuto fiducia nelle istituzioni e la rete familiare e sociale che sosteneva i suoi atteggiamenti ha fatto il resto: ho preferito fare tutto da me. Non ho voluto sporgere denuncia neanche quando mi è arrivato addosso un piatto con gli avanzi dell’insalata. La scheggia che mi era entrata nel polpaccio mi aveva procurato un taglietto davvero piccolo, nulla in confronto a quanto accaduto ad altre donne percosse dai mariti fino a lividi e fratture.
Da allora, però, qualcosa è inevitabilmente cambiato e dopo mesi trascorsi a guardarsi sempre le spalle sono andata via. Ora vivo in una casa che misura quanto il garage del grande appartamento nel quale vivevo con il mio ex marito ma sono a 30 chilometri da lui. Mi sono riaffacciata al mondo del lavoro, ho ricostruito una rete di amiche con le quali condivido momenti di svago, mi godo ogni momento con la mia famiglia.
Violenza sulle donne: riflessioni semplici
Un percorso faticoso pieno di lacrime e rabbia che qualcuno chiama rifiorire. Io lo chiamo andare avanti, giorno dopo giorno, senza clamori, senza slogan. Di tanto in tanto, lo confesso, non avere un traguardo da postare sui social che dimostri al mondo la mia rinascita mi rende frustrata, mi fa quasi sentire inutile. Come se il mio essere ancora viva mi imponesse il dovere di fare qualcosa di grandioso.
A ben pensarci, però, qualcosa di grandioso l’ho fatto: non mi sono fatta risucchiare nella spirale d’odio verso gli uomini, tutti gli uomini. Sono convinta, anzi, che questo odio generalizzato verso il genere maschile sia solo una risposta immatura delle donne. Inasprisce una contrapposizione già molto marcata che non ha senso di esistere. Se so, come so, che da qualche parte c’è qualcuno in grado di staccare i cerotti che ho incollato sul cuore e accarezzare con amore (quello vero) le mie cicatrici, non è per smielato romanticismo ma per una serena visione della vita.
In copertina foto di semprepiusu03 da Pixabay