E’ opportuno nel 2020 mandare in onda un film come “Amore mio aiutami”? In un’Italia afflitta dalla piaga della violenza domestica, il “politically correct” vuole che un film in cui la protagonista è malmenata dal marito rischi di reiterare consolidati schemi comportamentali maschilisti. Se la scena in cui Alberto Sordi picchia pesantemente la moglie Monica Vitti per essersi innamorata di un altro uomo ricorda immediatamente gli episodi di violenza sulle donne di cui leggiamo di continuo, dall’altro lato identificare il ruolo sociale del cinema esclusivamente con la narrazione della favoletta non è riduttivo?
L’Italia del ’68
Il film “Amore mio aiutami” risale al 1969. Periodo di boom economico e rivendicazioni ideologiche, due componenti che la pellicola fotografa benissimo. Il lussuoso appartamento nel centro di Roma, la casa al mare a Sabaudia, il figlio in collegio. Ai coniugi Machiavelli non manca nulla. Giovanni è uno stimato professionista, Raffaella ogni mercoledì assiste ai concerti di musica classica con “mammina”. La loro vita è perfetta, talmente perfetta che lui può concedersi il lusso di idee progressiste sull’amore e sulla coppia, lei di confidare al marito di essersi innamorata di un altro uomo.
Se potessi mangiare un’idea, avrei fatto la mia rivoluzione
Giorgio Gaber, Un’idea
La “storia” di Monica Vitti e la violenza sulle donne
Qui, però, qualcosa si inceppa. Il meccanismo perfetto fondato sulla colazione a letto per il marito e sul camino della casa vacanza realizzato secondo i gusti della moglie viene meno. La propensione di Giovanni a comportamenti civili e moderni vacilla sotto i colpi dell’orgoglio ferito, in Raffaella la volontà di difendere la propria immagine di donna onesta si scontra con l’ardente fuoco della passione. Si innescano, così, situazioni tragiche che vengono abilmente traslate su un piano surreale fino a risultare ridicole. Il costante balletto delle emozioni porterà Giovanni ora a picchiare brutalmente Raffaella, ora a cercare di riconquistarla con un viaggio, ora a invitare a cena l’uomo di cui lei si è innamorata, ora a tentare il suicidio, fino all’inevitabile epilogo in cui emergono, in tutta la loro intensità, la rassegnazione e il dolore.
“Voglio andà in prigione, l’ergastolo voglio prende! Dillo ancora che lo ami!“
Tratto dal film “Amore mio aiutami”
La fine di un’era
La pellicola, diretta dallo stesso Sordi, fu molto coraggiosa per quei tempi. Portò sullo schermo un’epoca di passaggio, un’Italia che stentava a staccarsi dal suo volto perbenista e una borghesia attaccata alle cose che aveva conquistato. Considerare l’opera nella sua interezza e collocarla nel suo tempo sono operazioni dovute se si vuole instaurare un discorso legittimo sul ruolo che il cinema ha nel sensibilizzare le coscienze.