Durante quest’anno di pandemia XChannel – la prima società di marketing e comunicazione crosscanale in Italia – ha monitorato attraverso indagini costanti i comportamenti degli Italiani in fatto di moda, design e costume in genere. La ha condotte usando i principi della semiotica e dell’antropologia, per indagare quello che si è rivelato essere un nuovo lifestyle, soprattutto nel vivere e mostrare agli altri la propria casa.
L’ultimo ciclo di analisi di XChannel si è concluso nel marzo del 2021 e restituisce in maniera puntuale e differenziale il modo in cui si organizzano le videoconferenze, un momento della giornata lavorativa in cui letteralmente “invitiamo a casa” colleghi e business partner. La videochiamata è infatti un modo di ricevere a casa persone che fino a ieri non avremmo mai pensato di invitare: colleghi simpatici, ma anche antipatici, clienti che nel tempo sono diventati amici e clienti con i quali il rapporto è e resterà formale per sempre.
L’indagine netnografica
Attraverso un questionario netnografico (ovvero, costruito con il metodo etnografico e diffuso attraverso la rete) XChannel ha chiesto a un campione di utenti web, composto da uomini (44%) e donne (56%) di un’età compresa tra i 24 e i 50 anni, di rispondere riguardo le loro abitudini in video call.
La larghissima maggioranza del campione analizzato ha variato il suo modo di porsi e di “accogliere in casa” colleghi di lavoro più o meno sconosciuti, definendo senza dubbio un mutamento di costumi in atto. Ecco i risultati.
Il design delle video chiamate in pandemia.
Oltre all’abbigliamento, cos’è che ci definisce come professionisti e come persone durante una videochiamata? Facile: lo sfondo che utilizziamo. E due terzi degli intervistati ha risposto a riguardo in maniera molto netta: il 66% rende infatti la propria casa un non-luogo, per usare un termine antropologico ideato da Marc Augé.
Tra questi il 19% usa in call uno sfondo opacizzato; il 17% non fa esplorare la propria casa, ma ha un angolo ad hoc fatto di pochi centimetri di abitazione che considera svelabili; il 15% usa uno sfondo finto, di quelli offerti dai software di VC (come le spiagge introdotte da Zoom); il 14% ha fatto una scelta ancora più impersonale e neutra e usa un muro bianco (che poi era il bon ton da video call pre-pandemico).
Il quadrato semiotico della casa in videocall
Per indagare le ragioni e le tendenze che hanno indotto il campione interrogato a dare queste risposte è stato utilizzato un approccio semiotico. Perché la semiotica? Perché la semiotica, che deve il suo nome al termine greco semeion, cioè “segno”, studia le relazioni tra il segno e
la cosa a cui esso rimanda: un punto esclamativo su un cartello ci dice di prestare attenzione, l’emoji del cuore sta per amore.
Con l’obiettivo di analizzare i risultati ottenuti è stato usato il quadrato semiotico. Si tratta di uno strumento analitico versatile e puntuale che – attraverso tre diverse relazioni: contrarietà, implicazione, negazione – ha permesso di definire la categoria del nuovo “interior design digitale”: la casa in videocall. Il quadrato ci permette di articolarla in quattro posizioni, evidenziando alcune delle più comuni modalità di accogliere (ma forse sarebbe meglio dire, per la maggior parte di noi, non-accogliere) in casa quel mondo che, fino a ieri, stava fuori delle nostra abitazione, cioè in ufficio o negli uffici degli altri.
Nelle videochiamate da casa entrano così in gioco le regole dell’apparire inteso come il mostrare quello che della casa si vuole mostrare. Un contesto abitativo che è il più intimo di tutti ma che, per la maggior parte del campione intervistato (66%), è del tutto filtrato, controllato e quasi sempre fittizio. Quando si tratta di videocall la nostra casa appare infatti, per nostra decisione, per lo più in maniera indiretta e spesso artefatta.
C’è infatti una prima relazione di opposizione tra i due contrari dei fan dello sfondo BIANCO [formale] – con tutte le connotazioni ufficiali e quasi liturgiche di questo colore – oppure di uno sfondo da spiaggia finto, come quelli di successo di Zoom. Abbiamo chiamato questo secondo tipo il CHIRINGUITO [informale]. A partire da questa relazione di opposizione si può derivare poi quella di due sub-contrari altrettanto tipici. Da un lato ci sono le persone che filtrano in maniera un po’ oscurantista il proprio contesto di vita privato, quelli che usano cioè lo sfondo OPACO [filtrato] per smussare la personalità di qualunque background abbiano dietro. Dall’altra parte si colloca il tipo AD HOC [casual-chic], che è il contrario dell’oscurantismo perché vuole proprio far vedere, anzi, qualcosa di specifico.
Sembra complicato? In realtà non lo è, perché questo apparente groviglio di relazioni logiche identifica una mappa, una “topografia del senso”, quattro modi di attribuire valore ai codici che usiamo nel mostrare la nostra casa. Per svelarci agli altri per quello che siamo o che vogliamo comunicare di essere.
I tipi conseguenti sono individui molto ben definiti e immediatamente identificabili, che abbiamo tutti incontrato – virtualmente, s’intende, ma non troppo – in questi mesi di lavoro da remoto. Li incontreremo anche nel mondo fisico, ora che il peggio è alle spalle? Il buon senso direbbe di sì: fenomeni indotti a lungo e in un contesto per molti versi traumatico non possono che lasciare il segno. Soprattutto se si collocano nella direttrice di mutamenti ancora più ampi e strategici.
D’altra parte è ovvio che tutti questi modelli, questi tipi, siano in costante mutamento, come lo è ogni segmento del mondo del design. Per non parlare degli stili di vita. Tuttavia, lungi dall’essere uno strumento rigido, il quadrato è uno strumento dinamico che permette analisi duttili quanto precise. Esattamente quello che serve per analizzare al meglio i fenomeni legati agli stili di vita e per seguirne i mutamenti.
“Il lavoro da remoto ha modificato il nostro modo di apparire per lavorare? E, se sì, i mutamenti introdotti sono qui per restare, almeno in parte? Quali effetti qualitativi dobbiamo aspettarci come conseguenza del boom quantitativo delle app per la videoconferenza e del loro utilizzo? Il nostro studio, che unisce antropologia e semiotica, ma che integra assunti quantitativi e dai big data, è partito proprio con l’obiettivo di rispondere a queste domande” dice Federico Corradini, CEO di XChannel, che aggiunge: “La semiotica ha una lunga consuetudine con le ricerche sui trend, che parte da Barthes e passa attraverso Greimas e poi Floch. L’approccio netnografico come premessa alla costruzione del quadrato aggiunge un elemento quanti- qualitativo e profondità all’analisi condotta con il metodo ibrido, impuro, di XChannel”.