“Mi canto es de los andamios/para alcanzar las estrellas/que el canto tiene sentido/cuando palpita en las venas/ las verdades verdaderas…” (Il mio canto è delle impalcature/ per raggiungere le stelle/ perché il canto ha senso/ quando palpita nelle vene/ le verità vere…) Victor Jara
Oggi più che mai, in un mondo come il nostro, in un paese come il nostro dove la memoria storica e civile sembra essere patrimonio dimenticato o calpestato, dove si fa strada ogni giorno di più il disprezzo per l’altro, dove la libera espressione del proprio pensiero viene considerata un attentato all’identità nazionale, dove la cultura è messa sotto accusa e attaccata con spregevole ironia, dove sempre più va perdendosi l’etica di una convivenza basata sulla solidarietà e il rispetto, crediamo sia necessario ricordare gli artisti, gli intellettuali, gli uomini di buona volontà che hanno sacrificato la loro vita in nome della giustizia e della libertà, non importa dove e quando siano vissuti, perché ciò che importa è che la lora vita e la loro morte ci raccontano il significato più vero dell’essere umani.
Nessun pensiero totalitario, nessuna dittatura esplicita o coperta, nessuna fragile e apparente democrazia accettano e sostengono il valore dell’educazione e della cultura, perfettamente coscienti che un popolo ignorante è facilmente manovrabile e ingannabile. Per questo minano le basi della scuola, svalutano ogni pensiero critico, suscitano diffidenza verso ogni tipo di conoscenza, spingendo le loro stesse vittime a farsi complici della distruzione di ogni strumento indispensabile all’analisi della realtà sociale e politica in cui viviamo.
L’arte, la musica, la poesia diventano voci da tacitare e sopprimere, perché in esse si annida la memoria collettiva, la vera identità di un paese, la creatività che aiuta a rinventare il mondo, lo spirito libertario e ribelle con cui la Storia cammina.
Parliamo naturalmente non di quegli artisti e ce ne sono, che, asserviti al potere e tradendo la propria arte, ne celebrano, mascherandole con gli strumenti del proprio talento, inganni e nefandezze, ma di coloro i quali alzano la loro voce in piena libertà di coscienza contro il potere che annichila l’uomo, difendendo la libertà, la dignità, rivendicando uguaglianza e giustizia per tutti, cantando l’uomo come artefice responsabile del proprio destino e delle proprie scelte.
Quarantacinque anni fa, nel 1973, a Santiago del Cile, veniva ucciso il cantautore cileno Victor Jara Martinez, nato a La Quiriquina, Chillán Viejo, nel 1932. Non fu solo un compositore e cantante popolare ma anche regista teatrale, attore, drammaturgo, studioso del folklore del suo paese e degli strumenti musicali autoctoni.
Di origine contadina, fu sua madre a trasmettergli fin da bambino la passione per la musica e le canzoni della sua gente. Abbandonati dal padre, si trasferirono a Santiago, la capitale, per cercare migliori condizioni di vita. A 15 anni restò orfano della madre e entrò nel Seminario Redentorista di San Bernard. Vi rimase due anni e poi nel 1957 entrò alla Scuola di Teatro dell’Università del Cile dove conobbe Violeta Parra che lo accolse come discepolo e la sua futura moglie, la ballerina inglese Joan Turner, che era stata nella stessa università la sua maestra di Espressione corporale. Si diplomò come direttore teatrale nel 1960 e cominciò la sua carriera che lo portò a dirigere varie opere e ad essere premiato con il Premio Laurel de Oro come miglior direttore dell’anno. Nel 1967 fu invitado in Gran Bretagna, dove ricevette un altro importante premio per il suo lavoro di regista teatrale. Proprio lì compose una delle sue canzoni più conosciute, Te recuerdo Amanda dedicata ai suoi genitori Amanda e Manuel.
Nello stesso anno pubblicò:
– il suo primo album musicale, Victor Jara
– nel 1969 il secondo album Pongo en tus manos abiertas (Metto nelle tue mani aperte) che coincise con il suo appoggio alla candidatura dell’Unione Popolare di Salvador Allende come militante della Gioventù Comunista.
– nel 1970 uscirono Canto libre, El derecho de vivir en paz y La población (Canto libero, Il diritto di vivere in pace e La Popolazione), dove con la forza e la bellezza poetica delle sue creazioni cantava problemi e speranze del suo popolo.
In breve tempo divenne uno dei massimi esponenti dell’innovazione della canzone popolare in America latina. La sua fama trascese i confini del suo paese e le sue canzoni furono cantate nelle manifestazioni progressiste di molti altri paesi.
Per il suo impegno artistico, politico e sociale fu nominato ambasciatore culturale del governo di Salvador Allende e in questo incarico lavorò assiduamente e con entusiasmo fino alla sua morte. Questo suo impegno le costò la vita.
Dopo il golpe di stato del generale Augusto Pinochet dell’11 settembre 1973 e dopo aver ascoltato le ultime forti e commoventi parole del Presidente Allende assediato sotto continui bombardamenti nel Palazzo Presidenziale de La Moneda, andò con la sua chitarra a rinchiudersi con altri universitari, professori e studenti, nell’Università Tecnica dello Stato, per affermare il suo rifiuto ai golpisti e la sua volontà di resistere. Ma l’esercito, la mattina del 12 settembre, si impadronì delle installazioni universitarie, lo fece prigioniero e lo rinchiuse nel famigerato Stadio Cile insieme a molti altri dissidenti.
Nella moltitudine dei prigionieri oppositori un sottufficiale riconobbe Victor: “Tu sei quel maledetto cantante, no?” gli disse e cominciò a picchiarlo selvaggiamente. “Non permettete che si muova da qui. A questo ci penso io”. Víctor Jara fu trascinato nei sotterranei dello Stadio, fu torturato, gli tagliarono le mani e la lingua: “Canta adesso se puoi, figlio di puttana“, gli gridò un ufficiale soprannominato Il Principe. Dopo di che lo crivellarono con ben 44 pallottole.
Testimoni di questo furono alcuni compagni sopravvissuti che lo raccontarono alla vedova di Jara, Joan Turner e che riuscirono anche a portare fuori dallo stadio l’ultimo messaggio di Victor: “Somos 5.000 en esta pequeña parte de la ciudad… cuántos seremos en todas las ciudades y en todo el país. Solo aquí 10.000 manos siembran y hacen andar las fábricas.¡Cuánta humanidad con hambre, frío, pánico, dolor, presión moral, terror y locura!”. (Siamo 5000 in questa piccola parte della città…quanti saremo in tutte le città e in tutto il paese. Solo qui 10.000 mani seminano e fanno andare avanti le fabbriche. Quanta umanità con fame, panico, dolore, pressione morale, terrore e follia)
Il corpo di Víctor Jara, insieme a quello di Littré Quiroga, direttore delle Prigioni durante il governo Allende, fu ritrovato gettato in un terreno incolto alla periferia di Santiago a soli tre giorni dall’esplosione del golpe. Sua moglie lo riconobbe il giorno 16 di settembre nel Servizio Medico Legale e fu obbligata a seppellirlo immediatamente, in una cerimonia alla quale solo parteciparono lei e un amico.
L’orrore di quel corpo dilaniato ce lo racconta lei stessa nel suo libro Víctor Jara, un canto truncado, e ce lo racconta il Resoconto Rettig: “Fu torturado da funzionari dell’ Esercito e ucciso dai suoi rapitori il giorno 15 settiembre”, dove sono documentate tutte le violazioni ai Diritti umani commesse durante la dittatura di Pinochet.
Nel settembre del 2003, a 30 anni dal golpe militare, il governo cileno ha ribattezzato lo Stadio delle torture con il suo nome, Stadio Nazionale Victor Jara. A metà del 2008 si riaprì l’investigazione sul suo omicidio e finalmente nove ex-militari furono condannati.
Otto di loro, Hugo Sanchéz, Raúl Jofré, Edwin Dimteri, Nelson Haase, Ernesto Bethke, Juan Jara, Hernán Chacón y Patricio Vásquez furono formalmente accusati di aver torturato e ucciso il cantautore politico considerato un’icona dell’arte militante del XX secolo e condannati a pene di 15 anni e un giorno di prigione e ad altri tre anni come autori del sequestro.
Il nono condannato, Rolando Merlo, ricevette una sentenza di 5 anni e un giorno per aver coperto l’omicidio e 61 giorni per aver coperto il sequestro.
Un altro losco personaggio coinvolto, Pedro Barrientos, fuggì negli Stati Uniti, dove fu condannato per il crimine nel 2016, in attesa di una richiesta di estradizione da parte della Giustizia Cilena.
In memoria del suo artista martire in Cile sono state istituite annuali celebrazioni dal nome “Mil guitarras para Victor Jara” cui partecipano artisti di tutto il mondo, oltre che gruppi musicali cileni rinomati come gli Inti Illimani o gli Illapu.
La voce di Victor Jara continua ancora oggi a cantare per tutti, contro la ferocia del potere, la sua sete di libertà e di giustizia.