A quattro anni dall’entrata in vigore del decreto 49/’10 firmato dal presidente Caldoro per il rientro dal debito sanitario e il riassetto della rete ospedaliera e territoriale campana l’obiettivo dell’azzeramento del deficit sembra essere stato raggiunto con un attivo, a quanto comunicato recentemente dallo stesso presidente, di più di 5 mln di euro nel bilancio di esercizio 2013. Sembrerebbe un esempio di sanità virtuosa, in grado di coniugare efficienza economica e qualità del servizio sanitario penalizzata dalle disfunzioni e dagli sprechi – obiettivo peraltro fissato dallo stesso piano – ma davvero si è compiuta una svolta verso il miglioramento qualitativo attraverso una migliore organizzazione?
Lo stato dell’arte:
In primo luogo va registrato un taglio dichiarato di 858 posti letto (602 pubblici e 256 privati accreditati) mentre il più ambizioso obiettivo perseguito dal piano è sicuramente la creazione dell’Azienda Ospedaliera Unica Pediatrica, gia avviata con la lontana fusione col Pausilipon, e da completare con l’accorpamento della pediatria, della chirurgia e della rianimazione pediatrica del Cardarelli e della pediatria dell’Annunziata (prodromo della sua definitiva chiusura). Tralasciando nel merito la validità della scelta dirigenziale di concentrare un servizio assistenziale così importante in un unico ospedale cittadino, il Santobono congestionato e inurbato, ad oggi la costruzione dell’ambiziosa azienda unica è di fatto fallita dando luogo ad una struttura caotica: l’Annunziata dopo una mobilitazione cittadina nel 2011 ha mantenuto insieme maternità e chirurgie pediatriche, peraltro chiuse e trasferite al San Gennaro poi per più di un anno dal 2012 al 2013 separandole così dalla TIN-terapia intensiva neonatale, ne e stata decretata la fusione totale col Sant.-Paus. E registra attualmente a quanto ci dicono operatori interni la mancanza della degenza notturna e continue chiusure delle sale operatorie; in sostanza senza investimenti si rischia di ridurre un ospedale a poliambulatorio col doppio danno di sottoutilizzare i medici soprattutto quando specialisti già passati attraverso i problemi dell’accorpamento. Tutto ciò nonostante il decreto commissariale 50/2011 abbia sancito l’importanza di questo presidio materno infantile e l’indivisibilità dei servizi erogati mentre contemporaneamente in città anche il Santobono e il Monaldi hanno una TIN priva della Maternità. Stessa situazione all’Ospedale Cardarelli dove ad essere state divise esplicitamente per decreto sono invece le specialità pediatriche e la TIN, in cui venivano trattati poi tutti i pazienti pediatrici, quando possibile, come ci conferma un infermiere; quasi a dire o ci occupiamo della madre o del figlio.
La domanda sorge spontanea: perché tutto ciò?
La risposta la fornì candidamente il direttore generale dell’AORN Santobono-Pausilipon-Annunziata nel novembre 2012 quando in audizione presso la I Commissione speciale regionale disse «è evidente che queste annessioni devono comportare un risparmio per la Regione e quindi ci sono stati dati 4 milioni di euro (alla sua direzione ndr) e abbiamo potuto sopperire perché abbiamo compiuto un’operazione utile economicamente e anche in termini di assistenza perché abbiamo ampliato i posti letto di pediatria, chirurgia e quant’altro» ma a ben vedere se prima del 2010 avevamo in pediatria 60 p.l. al Santbono-Pausilipon + 32 p.l. al Cardarelli, col decreto 49 ce ne sono 109 ordinari per Santobono-Pausilipon e Annunziata insieme. Inoltre, per la stessa ragione per la quale va potenziato l’Annunziata, quale imprescindibile presidio materno infantile di III livello afferente tutta l’area est di Napoli e provincia, occorrerebbe riorganizzare la TIN difficilmente accessibile, e dotarlo di una rianimazione per adulti mentre invece la tendenza sembra del tutto opposta con un numero di parti che prima del 2010 si attestava sotto al migliaio l’anno per poi scendere in picchiata dopo. Fortunatamente sempre nel centro storico l’Asl Na 1-Incurabili ha stretto una convenzione con la SUN per l’utilizzo della Clinica ostetrica universitaria ma questi posti letto devono aggiungersi a quelli dell’Annunziata, non certo sostituirsi.
Detto ciò occorre interrogarsi allora sulla validità della scelta compiuta dall’ex commissario Zuccatelli, da Caldoro e dai dirigenti ospedalieri di creare un polo unico pediatrico centrato sul Santobono, peraltro anch’esso centro di III livello privo di ostetricia e ginecologia.
Altro problema legato all’annessione è in qualche caso il sottoutilizzo di medici non adeguatamente integrati nella nuova struttura unica pediatrica, problema su cui la Minicucci è chiamata a riferire in Regione nel 2011 in un’audizione della I Commissione speciale Trasparenza e per cui adduce motivazioni di natura organizzativa che, però, intanto impediscono ad esempio al dott. Petti, il chirurgo pediatrico nominato in audizione, di lavorare per raggiungere quei circa 600 interventi l’anno che l’UOSC di chirurgia pediatrica del Cardarelli effettuava prima dell’annessione al Santobono – dato confermatoci anche da Antonio Di Nardo del Cobas Cardarelli. Meno interventi: potrebbe sembrare una buona notizia se non si mantenesse alto il dato del turismo sanitario extraregionale, tanto da spingere Caldoro ad emanare per il 2013 una delibera, poi cassata dal Consiglio di Stato, con cui si imponeva un nulla osta preventivo su diverse prestazioni sanitarie cercate fuori regione.
D’altro canto come dovrebbe non accadere ciò se il Cardelli, ospedale di rilievo Nazionale, è stato soggetto nel tempo a tagli indiscriminati non solo della pediatria, accorpata al santobono nonostante gli investimenti profusi in quei reparti, attualmente rimpiazzati col nulla, ma anche dell’Interruzione volontaria di gravidanza, del P.S. pediatrico e di quello oculistico, di un’ortopedia, del noto Centro antiveleni – ridotto ad una sorta di call center – e del centro trapianti nonostante lo stesso decreto ’49 abbia deciso di istituirvi un centro trapiantologico per adulti e pazienti pediatrici. «Gira una voce, ma è solo una voce, che si vogliano concentrare i trapianti su Salerno…» ci dice Antonio Di Nardo che da un lato denuncia i forti tagli subiti dal Cardarelli per effetto del piano di rientro e della spending reviews e dall’altro gli sperperi «come Cobas abbiamo preso posizione sul concorso per coordinatori infermieristici e sulla delibera per le posizioni organizzative (manageriali ndr) perché riteniamo che con una struttura al collasso, con sovraffolamento, riduzione dei servizi, si debbano spendere soldi per alleviare queste criticità.
Allo stesso modo abbiamo denunciato, e arriveremo fino alla Corte dei Conti, lo sperpero perpetrato con il bando di gara per l’acquisto di 300 barelle «tecnologiche» per 832mila euro, un prezzo fuori mercato e sarebbe molto più utile spendere investendo questi soldi per l’ampliamento dei posti letto perché i malati devono stare nelle stanze e su dei letti». In effetti incontriamo Di Nardo percorrendo due corridoi occupati da 8 barelle ciascuno: alcune sono anche un po’ malandate ma vista la recente apertura del padiglione M, quello di lusso allestito per l’intramoenia, viene legittimamente il dubbio che queste nuove barelle possano poi esser impiegate lì. Inoltre il malato in barella è comunque un ricoverato per il quale la struttura riceve un rimborso come per ogni ricovero mentre non dobbiamo dimenticare alcune ricostruzioni della Procura in base alla quali si è accertato che il sovraffollamento dei reparti era creato apposta per spingere i malati a curarsi presso la sanità privata di proprietà degli stessi primari ospedalieri.
Ma molte altre sarebbero le spese pazze che negli anni hanno creato il forte indebitamento dell’Ospedale, e del sistema tutto, tra cui l’acquisto di “prodotti farmaceutici a prezzi più elevati rispetto a quelli ottenibili mediante procedure di gara. […] sono in corso indagini relative a una denuncia di gravi anomalie nella fornitura di materiale sanitario: erano utilizzate sacche già usate e rigenerate, una vera e propria truffa. […] L’importo del danno presunto è di 1,5 milioni di euro” si legge nella trascrizione dell’audizione del procuratore regionale della Corte dei Conti campana, Tommaso Cottone, risalente ad ottobre 2012 ma ancor’oggi si fanno i conti con le spese per le consulenze esterne, per quelle legali e tecniche al Cardarelli nonostante l’ esistenza di specifici uffici interni, e per le dirigenze: 1 struttura complessa ogni 6100 abitanti in Campania invece che ogni 13mila in media nelle regioni non sottoposte a piano di rientro, secondo uno studio del 2012 del Ministero della Salute.
“Un ospedale da 200 posti letto ordinari con 8 strutture complesse e 72 strutture dipartimentali, 5 primari di anestesia e rianimazione, 5 primari di pediatra, 3 direttori sanitari, tutto raddoppiato e triplicato” diceva il direttore sanitario del Santobono ancora nel maggio 2011 mentre all’Annunziata con la passata gestione sanitaria regionale, per altro l’allora direttore dell’ Asl NA1 Montemarano oggi è fresco di nomina alla direzione dell’Arsan, si sono raggiunte “50 strutture complesse e 76 strutture tra semplici e dipartimentali”. Aggiungiamoci il blocco del tour over per medici ed infermieri, e il necessario ricorso ad antieconomiche convenzioni esterne e agli straordinari, e avremo una certa idea seppur ancora parziale della situazione della sanità Campana per la quale non si è elaborato un sistema funzionale.
Infatti, uno studio condotto dalla Fondazione Censis, in collaborazione con il Cergas-Bocconi: “Il sistema sanitario in controluce. Rapporto 2012-Sostenibilità economica e qualità dell’assistenza” dice che dal 2006 gli interventi mirati al contenimento della spesa sanitaria hanno colpito solo quella parte di costi direttamente riferiti al fabbisogno sanitario mentre risulta invece aumentata la spesa riferita al funzionamento del sistema sanitario e ai costi amministrativi. «il Cardarelli è rimasto l’unico pronto soccorso aperto nel raggio di chilometri. È sempre strapieno e dobbiamo accettare sempre tutti, anche le emergenze degli altri ospedali che però invece possono fare i ricoveri su chiamata, con tutta tranquillità» ci dicono alcuni infermieri esasperati.