Viaggiano insieme Erodoto e Kapuscinski, insieme sulla stessa nave, quella della passione, la passione per il viaggio e il racconto. Insieme, a dispetto del tempo che li separa, percorrono un lungo viaggio negli anfratti dell’animo umano attraversando continenti, conoscendo genti e assistendo ad eventi cruciali per la vita di un popolo o di un intero paese. Un greco e un polacco, entrambi reporter, anime solitarie con un irrefrenabile bisogno di vedere e raccontare il perché. Il perché delle guerre, della fame, dei massacri, dell’umiliazione, e della malvagità umana. Nel suo libro In viaggio con Erodoto, il giornalista e reporter polacco ci racconta la storia di un vecchio e fedele amore, quello tra lui ed Erodoto, il reporter dell’antichità, il padre del reportage come lo definisce Kapuscinki.
Per un reporter, e ancor più per un reporter di guerra, la vita è per strada. Kapuscinki non riusciva a concepire come si potesse scrivere di conflitti, fame, miseria, colpi di stato e rivoluzioni stando seduti dietro una scrivania. I reporter che presenziano le zone di guerra, che assistono a lotte civili e a rovesciamenti di poteri non ci sono più. Siamo rimasti in pochi, diceva. E tra quei pochi, c’era Erodoto.
Erodoto era uno storico greco, ma innanzitutto un reporter. Visse nella Grecia antica ed è ricordato per aver lasciato un’opera monumentale, le Storie. Si tratta di una raccolta dei suoi numerosissimi viaggi nei continenti dell’ Asia, dell’Africa e dell’ Europa, che indaga le vicende umane e politiche legate alle guerre persiane. Kapuscinki aveva scoperto in Erodoto la sua anima gemella. Avevano troppe cose in comune, vivevano e sentivano il mestiere del giornalista/reporter allo stesso modo. A volte, in alcuni tratti del suo romanzo In viaggio con Erodoto, abbiamo la sensazione che quando il reporter polacco parla di Erodoto in realtà stia parlando di se stesso, stia catturando un’istantanea della sua vita, delle sue debolezze e delle sue passioni. Per tutta la vita Erodoto aveva viaggiato, e lo stesso aveva fatto Kapuscinki. Entrambi sembravano mossi dall’impulso irrefrenabile dell’allontanamento verso destinazioni nuove, sconosciute, alla spasmodica ricerca di sapere, di vedere ad ogni costo e poi di raccontare, sì, raccontare tutto a tutti. Ma per poter raccontare bisogna essere innanzitutto onesti, diceva Kapuscinki. Onesti nei confronti delle persone che ti aprono il cuore quando ti raccontano il dramma che stanno vivendo, onesti verso il pubblico a cui sono destinate le notizie, e onesti verso se stessi quando si scrivono certi fatti e si parla di certe persone, lasciando da parte preconcetti, pregiudizi e passioni. Bisogna essere obiettivi ma non freddi e cinici. Bisogna essere empatici ma non sentimentalisti. E’ difficile, siamo fatti di sangue pulsa nelle vene, inciampiamo sovente tra le radici della nostra cultura e della nostra formazione. Ma il reporter ha una missione, e questo Erodoto lo sapeva bene. Si era posto uno scopo ambiziosissimo, voleva tramandare la storia alle generazioni future perché non dimenticassero, e per farlo aveva deciso di essere onesto, onesto con tutti.
Kapuscinski non perde mai occasione di sottolineare nel suo libro come Erodoto ci tenga ad evidenziare l’attendibilità o meno delle sue notizie. Al tempo di Erodoto la cultura e la scrittura erano privilegio di pochi e prevalentemente dell’aristocrazia. Non esistevano i giornali, e le notizie si apprendevano unicamente da chi le raccontava. E così la notizia del fatto, passava di bocca in bocca, da paese a paese e da generazione in generazione, oltrepassando il muro dello spazio e del tempo. Erodoto quindi ascoltava i racconti e le leggende della gente, ma essendo anche un uomo di grande cultura e di notevole acume nonché un eccezionale giornalista, sapeva bene che il tempo e anche lo spazio, molto spesso, contribuiscono a modificare il fatto originale, abbellendolo, imbruttendolo, ingigantendolo o sminuendolo all’occorrenza. Kapuscinski nel suo libro sottolinea che per quanto proviamo a minimizzarla o attenuarla, avremo sempre a che fare con la soggettività e con la sua azione deformante. Il nostro greco, che se ne rende conto, si premunisce ripetendo in continuazione “a quanto mi dicono”, “a quanto narrano”, “ di ciò esistono varie versioni”.
E allora, da buon reporter e da uomo coscienzioso, Erodoto aveva sempre evidenziato nelle sue cronache quando i fatti raccontati erano stati ascoltati da altri ( e quindi passibili di distorsioni a discapito dell’attendibilità) e quando invece ne era stato testimone oculare. Egli viveva come un dramma questa idiosincrasia perché rischiava di inquinare la verità storica che egli si era prefissato di raccontare. Erodoto ci provava con tutte le sue forze, ma come diceva il reporter polacco nel suo libro “Non abbiamo mai a che fare con la verità storica in senso ideale, ma con una storia narrata e rappresentata a seconda di come la gente crede che sia andata. E questa verità è forse la massima scoperta di Erodoto”.
Nostro viaggio alla scoperta di Kapuscinki continua, buona lettura.
Articoli precedenti: Se sei un cinico non puoi fare il giornalista, parola di Kapuscinski – Ryszard Kapuscinski: il buon giornalista deve sapere che…- (Parte I) – Ryszard Kapuscinski: il buon giornalista deve sapere che… (Parte II)
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