Conosciuto anche col nome di Skyfarming, il Vertical Farming vede come protagoniste le serre urbane permettendo di coltivare e produrre cibo praticamente a chilometro zero.
Le serre urbane e il Vertical Farming
Letteralmente “agricoltura verticale“, questo moderno concetto di agricoltura consiste nello sviluppare le varie colture in verticale. Un metodo che permette un minore sfruttamento del terreno in modo da salvaguardare l’utilizzo intenso della terra. Altra caratteristica importante è che (grazie anche alle serre urbane) il Vertical Farming può essere realizzato in ogni edificio.
Vantaggi e svantaggi
Inoltre, in questo tipo di agricoltura non vengono usati pesticidi ed erbicidi, che non sono necessari proprio perché è un sistema fortemente controllato, in cui erbe e parassiti non possono fare il loro ingresso. I prodotti derivanti sono, quindi, da considerare biologici a tutti gli effetti.
Il vero svantaggio, però, dello Skyfarming sono i costi molto alti. Rispetto ad una normale coltura, quella verticale utilizza molta più energia elettrica (visto il largo utilizzo di luce artificiale facendo) lievitare in alto i costi complessivi. Studiare la giusta intensità di luce per ottimizzare la produzione, ma anche trovare la giusta temperatura, umidità e concentrazione di anidride carbonica è fondamentale per contenere e ridurre i costi.
Un po’ di storia
L’idea di vertical farm nasce nel 1999 ad opera di un professore della Columbia University, Dickson Despommier. L’uomo, insieme ai suoi studenti, aveva progettato una coltura del genere, che poteva soddisfare il fabbisogno alimentare di circa 50 mila persone. Il progetto non fu mai realizzato ma diede alla luce l’idea di vertical farm, poi ulteriormente sviluppata ed ampliata successivamente con le nuove tecnologie.
Solamente nel 2009, dieci anni dopo, l’idea è stata effettivamente trasformata in realtà. Nel Regno Unito, infatti, “nasce” il primo vero e proprio vertical farming atto alla creazione di cibo per cani. Un progetto che aveva come obiettivo anche quello di dimostrare l’esistenza di altre tecniche di coltura che non dovessero per forza avere un utilizzo troppo intensivo del terreno.