Quando il talento si insedia nascosto, è molto probabile che trascorra del tempo, parecchio tempo, ma poi come un astro nascente, un tramonto che imbrunisce, ecco finalmente che la luce percorre egregiamente la sua navata. È il caso di Rosa Scognamiglio, una trentenne partenopea atipica, che un bel giorno ha deciso di rivoluzionare la sua vita, approdando a Milano, la capitale dell’happy hour.
Ma per lei il capoluogo meneghino non è stato sinonimo di feste sui Navigli né quadrilatero della moda. Anzi, è stata completamente assorbita dal ritmo frenetico della città lombarda con i suoi mille impegni, miriadi di lavori e lavoretti per arrivare a fine mese, perché è ben risaputo che i giovani italiani così vanno avanti, tra infinità di lavoretti sottopagati e tanti sogni in un cassetto.
Quello di Rosa per troppo tempo è rimasto chiuso, e coraggiosamente, come un fulmine a ciel sereno è stato aperto. Ha deciso di dire la sua, di scrivere in toni chiari, decisi e precisi, ma dai risvolti colmi di ilarità, il suo primo libro, Un’Ora.
Benvenuta Rosa, cosa rappresenta per te Un’Ora?
Innanzitutto, grazie per l’invito. Ne sono sinceramente onorata. “Un’ora” è un ibrido narrativo, una sorta di mixage tra diversi generi letterari. È un azzardo, una sperimentazione “de-genere”. Mi piace adoperare questa definizione perché ben si presta all’andamento sentimentale della storia che è a tratti divertente e ad altri drammatici.
Il titolo del tuo racconto è semplice ed essenziale, ma senza dubbio nasconde molteplici sfaccettature, perché hai deciso di dargli vita?
Il titolo del libro è una promessa tacita o una premessa esplicita che rivolgo al lettore. La narrazione è breve ed intuitiva, fruibile approssimativamente in 60 minuti. Ma il tempo della storia è molto più lungo. Ripercorre una vita, quella della protagonista. Questo perché ritengo il tempo una percezione soggettiva, non una istanza solida. Riprendo una affermazione di Viola “prendo per buona la convenzione dell’orologio ma mi attengo ai miei tempi”.
Parliamo appunto di Viola, la protagonista del tuo romanzo, che sensazioni ti ha suscitato scrivere di lei?
Le sensazioni legate al romanzo sono molteplici. Come molte donne, credo, anch’io mi ritrovo in qualche increspatura emotiva di Viola. Ma la percezione più bella che ho esperito scrivendo questo libro è extratime, tutti gli attimi sfuggiti al racconto, intendo . La sensazione di sospensione atemporale, ecco. Quella credo sia stata la percezione più significativa per me.
Se sei mesi fa ti avessero detto che il 27 giugno avresti pubblicato “la tua creatura”, che ad oggi nel formato ebook risulta essere tra i primi cento più scaricati su Amazon, facendoti rientrare nella categoria di giovane scrittrice emergente, come avresti reagito?
L’idea di mettere nero su bianco ogni singola parola, dialogo o riflessione si è concretata nel momento in cui ho realizzato non si trattava solo di pensieri sparsi ma di una storia. E, allora, quella che inizialmente era una idea è diventata una realtà possibile. Scrittrice, io? Preferisco story teller, mi sembra più modesto. Il fatto che il testo stia ricevendo l’approvazione del pubblico è molto gratificante e mi costringe ad un lavoro precipuo, costante. Adesso ho la responsabilità delle parole e delle emozioni che ho raccontate.
Svelati i tuoi segreti da “story teller”, ci confidi chi è realmente Rosa?
Chi sono io? Questa è la domanda più difficile del mondo. Forse, un giorno, saprò darti una risposta netta ma adesso mi avvalgo della facoltà di non rispondere. Ho intrapreso un percorso nuovo, vediamo a cosa mi porterà. Ora mi godo questa parentesi entusiasmante della mia vita, poi chissà.
Per concludere, tra dieci anni? Sommersa di impegni tra instore, firmacopie, interviste e tante pubblicazioni?
Tra dieci anni spero di essere ancora sottosopra come adesso, nulla più, nulla meno. Il futuro è un tempo che non mi appartiene. Vedremo. Però tengo a precisare che “Un’ora” c’è e ci sarà sempre. Paradossalmente, è un romanzo senza connotati anagrafici, in continuo divenire.