Nei telomeri, le protezioni alle estremità dei cromosomi che prevengono l’erosione del resto del materiale genetico, rimane traccia del tempo che passa. È fisiologico che i telomeri si accorcino progressivamente ogni volta che il DNA della cellula si replica per riprodursi o che si danneggino nel tempo anche in assenza di divisione. L’accorciamento e il danno ai telomeri costituiscono una minaccia alla stabilità del nostro DNA e la cellula reagisce attivando un allarme molecolare che blocca la proliferazione della cellula danneggiata e ne induce la sua senescenza, una sorta di invecchiamento cellulare. La cellula senescente perde per sempre la capacità di replicarsi e di svolgere efficientemente le proprie funzioni, e questo impedisce ai tessuti di rigenerarsi.
Una ricerca condotta all’Ifom di Milano da Fabrizio d’Adda di Fagagna – responsabile del programma di Ifom ‘Risposta al danno al DNA e senescenza cellulare’ e ricercatore presso l’Istituto di genetica molecolare del Consiglio nazionale delle ricerche (Igm-Cnr) di Pavia – descritta sulla rivista Nature nel 2012, individuava per la prima volta in una classe di RNA non codificanti del tutto inedita, i DDRNA (DNA Damage Response RNA), il ruolo di guardiani del DNA: sarebbero loro a intervenire ogni volta che si rileva un danno al DNA per far scattare l’allarme a tutela dell’integrità del genoma. Le ricerche sul rapporto tra telomeri, DDRNA e senescenza hanno stimolato altre domande, portando ora – con un nuovo studio pubblicato su Nature Communications – a una comprensione più avanzata di come avviene la segnalazione all’interno della cellula della presenza di telomeri danneggiati e allo sviluppo di soluzioni per impedirla.
“Abbiamo osservato“, spiega d’Adda di Fagagna, “che i telomeri, quando sono corti o danneggiati, possono indurre essi stessi la formazione di DDRNA e quindi l’attivazione dell’allarme e la conseguente senescenza della cellula”. La cellula, cioè, va in senescenza a causa dell’allarme molecolare attivato sui telomeri dai DDRNA: questo può accadere nel processo d’invecchiamento fisiologico o in sindromi in cui i telomeri sono disfunzionali. Come spegnere questi allarmi molecolari, i DDRNA, specificamente sui telomeri, in modo da prevenirne la senescenza?
Qui arriva il secondo elemento di novità: lo sviluppo di un approccio e di strumenti per prevenire l’attivazione di tali allarmi specificamente ai telomeri. D’Adda di Fagagna e il suo team hanno sviluppato una nuova batteria di molecole dette ‘antisenso’ complementari agli RNA, che si formano all’estremità dei cromosomi e già noti come classe di farmaci innovativa, che trova la sua forza nella capacità di targettare una sequenza di RNA complementare. “Si tratta di oligonucleotidi che agiscono specificamente sui telomeri inibendo la funzione dei DDRNA telomerici”, spiega Francesca Rossiello, ricercatrice del team IFOM e coautrice della pubblicazione, “impedendo perciò l’attivazione di quegli allarmi molecolari che condurrebbero inevitabilmente la cellula alla senescenza”.
Sperimentata sia in vitro in cellule umane e murine sia in vivo in modelli murini, la nuova molecola antisenso è stata costruita in base allo studio dei DDRNA identificati tramite una nuova tecnologia, il Target Enrichment, sviluppato appositamente dal team di Ifom in collaborazione con il Center for Life Science Technologies diretto dall’italiano Piero Carninci all’interno del Riken Institute a Yokohama in Giappone. Il Target Enrichment ha consentito infatti di identificare per la prima volta questi DDRNA telomerici e di decodificare la loro sequenza. “Siamo entusiasti dei risultati ottenuti”, afferma Carninci, “e certi del potenziale che questo approccio tecnologico offrirà nel futuro per caratterizzare sempre meglio e in contesti sempre diversi la genesi e le funzioni di questi RNA”.
La prossima sfida che il team Ifom di d’Adda di Fagagna affronterà sarà di capire come le nuove molecole antisenso possano essere utili per prevenire l’invecchiamento cellulare in patologie associate al danno ai telomeri, quali la cirrosi epatica, la fibrosi polmonare, l’aterosclerosi, il diabete, la cataratta, l’osteoporosi e l’artrite o in malattie rare come la progeria caratterizzata da invecchiamento precoce.
Questa ricerca non sarebbe stata possibile senza il contributo, tra gli altri, di un European Research Council advanced grant, della Fondazione Italiana per la Ricerca sul Cancro, di un Marie Curie Initial Training Network, di SIPOD e dell’Human Frontier Science Program.