La stanza in cui John Keats esalò l’ultimo respiro ha una delle viste più belle di Roma. Alla casa-museo Keats-Shelly House è possibile visitare la camera dove soggiornò Keats negli ultimi mesi di vita.
Chi non vorrebbe avere una camera con vista su piazza di Spagna? Keats ce l’aveva, ma non riuscì a goderne appieno. Giunse a Roma nell’autunno del 1820; le pressioni dei medici lo spinsero a trascorrere l’inverno lontano dal clima rigido della patria e a salpare per Italia alla ricerca di una temperatura più mite. Le condizioni di salute del poeta peggioravano rapidamente e solo un clima più temperato avrebbe potuto salvarlo.
Keats e Severn partirono per l’Italia nel settembre del 1820 e giunsero a Roma il 15 novembre. Severn lo accudirà fino alla fine dei suoi giorni con sincero affetto e devozione. Patiranno insieme i disagi del vitto e i dolori fisici di Keats che condurranno Severn allo stremo delle forze, sia fisiche che mentali.
Come ebbe a dire Severn nel suo memoriale, l’appartamento a piazza di Spagna era, però, vantaggioso da tutti i punti di vista. L’ubicazione era una delle migliori e, cosa più importante, si trovava di fronte a quella del dott. Clark; [1] in questo modo il medico avrebbe potuto visitare Keats in qualsiasi momento e soccorrerlo tempestivamente nel caso di una crisi emorragica.
Quando le condizioni di Keats peggiorarono precipitosamente, inevitabilmente, le ansie di Severn aumentarono. Nel suo diario scrive di non aver mai abbandonato Keats per ben tre settimane, di avergli preparato la colazione, rifatto il letto e finanche spazzato la sua stanza. Severn si prodigava senza risparmiarsi, ma ciò che lo addolorava maggiormente era la barbarie delle nostre leggi «the barbarism of these Italians»)[2] . Severn aveva saputo che la padrona di casa aveva fatto la spia alla polizia e comunicato che Keats era malato di tubercolosi; per fortuna prima dell’arrivo della polizia Severn era riuscito a salvare dalla stanza di Keats molte delle sue cose. Secondo le leggi italiane, infatti, tutto ciò che era presente nella stanza del malato, finanche la carta da parato doveva essere bruciata. Per Severn era una cosa inaudita, possedevano libri di una valore inestimabile…
Secondo le leggi vaticane, basate su un’errata credenza, tutto ciò con cui era venuto a contattato il malato doveva essere dato alle fiamme in modo da impedire la diffusione dell’infezione. Così fu fatto anche per la stanza da letto. Ai tempi di Keats la stanza era la stessa che vediamo oggi alla Keats-Shelley House, probabilmente aveva solo una porta nel muro in fondo alla stanza. Comunque le peculiarità della stanza originale sono le stesse: il pavimento piastrellato, il soffitto a cassettoni e la finestra sulla piazza. Solo il caminetto, dove Severn qualche volta preparava il cibo al suo amico, è originale. Il letto invece venne bruciato e l’attuale “letto a barca” in noce italiana del 1820 presente nella stanza, è una acquisizione del Museo risalente al 2003.
Nel primo periodo del soggiorno romano, nonostante le condizioni di salute di Keats, i due amici ebbero anche qualche momento di gioia e spensieratezza che Severn non mancò di annotare nelle sue memorie. Se le scale potessero parlare, quante cose racconterebbero! Il diario di Severn, ricco di informazioni sulla vita di Keats e sul soggiorno trascorso a Roma, è una preziosa fonte per ricostruire le vicende del poeta fino ai giorni della sua morte. Severn scriveva di tutto, annotava qualsiasi cosa, ogni incontro, ogni discussione e qualche aneddoto.
Uno di questi ha come protagonista proprio la stanza di Keats ed in particolare la finestra che dà sulle scale di Piazza di Spagna. Keats e Severn fin dal primo giorno si erano lamentati del cibo che veniva rifilato loro dalla padrona di casa e che faceva portare da una trattoria o da un ristorante (per entrambi gli amici questa era una strana abitudine, tutta romana!). Keats si rifiutava di mangiare perché il cibo era di pessima qualità e, a detta di Severn, veniva camuffato con salse e spezie per renderlo appetibile. Un giorno, Keats, stanco del vitto, per far capire alla padrona di casa che le pietanze erano di pessimo gusto, uno dopo l’altro vuotò dalla finestra della sua camera da letto tutto il contenuto dei piatti. Da quel momento, racconta Severn, cominciarono ad arrivare dei pasti decenti e la padrona di casa ebbe la delicatezza di non addebitargli il costo dei piatti e delle pietanze che erano volati giù dalla finestra.
A parte brevi episodi, il soggiorno romano è legato prevalentemente alla triste agonia di Keats. Gli attacchi di tosse si facevano sempre più minacciosi e Severn ogni volta temeva di perdere il suo amico. Le veglie al capezzale di Keats erano diventate sempre più frequenti e le giornate ad accudirlo, sempre più pesanti.
Keats soffriva terribilmente per la sorte del suo amico. La devozione di Severn e la sua costanza nel farlo mangiare quando Keats rifiutava il cibo, le ore passate al capezzale del suo letto intristivano Keats profondamente. Avrebbe voluto che il suo amico uscisse, che frequentasse i salotti, che dipingesse. Ma Severn gli era molto legato e per devozione cristiana non lo avrebbe abbandonato al suo destino senza il calore di un volto amico a consolarlo.
E fu proprio in queste veglie che venne a Severn l’idea di fare un ritratto del suo amico. Keats aveva avuto un altro attacco e aveva la fronte imperlata di sudore mortale. Severn decise di cogliere quell’attimo. Oggi gli siamo grati per quel momento di ispirazione perché ci ha regalato uno dei quadri più delicati della collezione presente nella Keats-Shelly House e attualmente visibile proprio nella stanza di Keats sopra il caminetto originale.
Quando Severn informò Brown della morte del poeta gli scrisse che se n’era andato serenamente, sembrava che dormisse. Venerdì’ 23 alle quattro e mezzo, Keats chiese a Severn di alzarlo perché sentiva che la morte lo stava raggiungendo. «Severn tirami su perché sto morendo – morirò facilmente – non ti spaventare – grazie a Dio ci siamo – Lo tirai su tra le mie braccia, e il catarro sembrava ribollirgli nella gola – e andò aumentando fino alle 11 di notte, quando gradualmente scivolò nella morte così quietamente che pensai che dormisse». [3]
Il nostro viaggio alla riscoperta di Keats continua e ci conduce alla ….
Fonti:
– Keats-Shelley House, Guida, ed. Il Labirinto
– The Life and letter of Joseph Severn by William Sharp, London 1892
accomandato al dott. James Clark che aveva già provveduto a procurargli un alloggio presso un appartamento al primo piano che affacciava sul lato desto della scalinata che porta da piazza di Spagna alla chiesa di Santa Trinità dei Monti, l’attuale Keats-Shelley House.
[2]The life and letters of Joseph Severn by Willim Sharp, Sampson Low, Marston & Company, London 1892.