Feste, sfilate, maschere, abiti spettacolari, coriandoli, musica e banchetti trasbordanti di ogni leccornia dolce e salata.
Già da metà gennaio in Italia fervono i preparativi del Carnevale, che secondo il calendario liturgico cattolico – romano si colloca tra l’Epifania e la Quaresima.
Secondo un proverbio bergamasco “Dopo Natale è subito Carnevale”, ma l’inizio del periodo carnevalesco varia da regione a regione: in alcune subito dopo l’Epifania, in altre dopo la Candelora del 2 febbraio, e più frequentemente dopo la festa di Sant’Antonio Abate il 17 gennaio. La fine, invece, è uguale per tutti ed è sancita dal martedì grasso, calcolato in base alla Quaresima, che varia ogni anno secondo la Pasqua.
Questa gioiosa e colorata festa, le cui origini sono antichissime e si fanno risalire ai Saturnali romani, che si celebravano in onore del nuovo anno, ma anche ai Lupercali e alle Dionisiache greche, ha sempre avuto grandissima importanza e forte richiamo fin dai primi tempi della sua celebrazione, sia per il carattere propiziatorio (l’uso delle maschere serviva a scacciare le presenze demoniache e ad augurare raccolti generosi) sia, e soprattutto, per il senso di libertà da obblighi e ruoli di cui avrebbe goduto la popolazione. Difatti, durante il periodo del Carnevale il popolo poteva concedersi uno smodato godimento di cibo, bevande e piaceri sensuali, e grazie al travestimento poteva godere di un temporaneo sovvertimento dell’ordine sociale scambiandosi i ruoli.
Con l’avvento del Cristianesimo il Carnevale continuò ad essere celebrato, ma perse il suo contenuto magico e rituale, mentre nel Medioevo il clero impose un ridimensionamento delle smodatezze a cui ci si abbandonava durante questo periodo.
Il carattere mangereccio del Carnevale è sottolineato dal nome stesso della festa, che deriva dal termine latino “carnem levare”, letteralmente “togliere la carne”, riferendosi al periodo di astinenza e digiuno della Quaresima: durante il periodo carnevalesco, infatti, le persone si davano alle grosse e grasse mangiate proprio in previsione di tali sacrifici.
Tra le tante prelibatezze che venivano preparate durante il Carnevale spiccavano una gran varietà di dolci, la maggior parte preparati con ingredienti poveri e semplici, ma molto nutrienti e golosi.
Tra questi i più famosi erano i frictilia, dolcetti a base di farina e uova che durante l’epoca romana venivano fritti nel grasso di maiale e preparati in grandi quantità durante il periodo di Carnevale, poiché dovevano durare per tutto il periodo di Quaresima.
La tradizione dei frictilia è sopravvissuta nel corso dei secoli, e con piccole modifiche come quella di friggere i dolcetti nell’olio piuttosto che nello strutto per ottenere un dolcino più leggero, è arrivata ai nostri giorni prendendo il nome di Chiacchiere.
Le Chiacchiere sono l’unico dolce tipico di Carnevale comune a tutta l’Italia, ma anche se “chiacchiere” è comprensibile in tutto il territorio nazionale il termine è propriamente del Sud, in particolare della Campania, mentre in base alle regioni prendono nome differente: in Piemonte e in Liguria si chiamano bugie, in Lombardia son dette gale, in Toscana si conoscono come cenci o struffoli, in Emilia Romagna diventano sfrappole, in Veneto, Friuli e Trentino prendono il nome di cròstoli.
Spostandoci al Sud, invece, diventano frappe nel Lazio, cioffe in Abruzzo, cunchielli in Molise, guanti in Calabria e maraviglias in Sardegna.
Un’altra variante delle chiacchiere, a seconda della regione di origine, sono i vini o i liquori utilizzati per la preparazione della ricetta: dal marsala, al vino bianco, all’acquavite, al liquore all’anice o al limoncello.
L’impasto di base, invece, è comune a tutta l’Italia e si tratta di farina, zucchero e uova impastati e modellati a forma di striscia sottile dai bordi seghettati e quindi fritto in olio bollente o cotto al forno per una versione più leggera.
Veniamo alla ricetta
CHIACCHIERE
Ingredienti:
- 400 grammi di farina
- 50 grammi di zucchero
- 40 grammi di burro
- 3 uova
- 1 scorza di arancia e/o limone
- 2 bicchierini di grappa o rhum
- 1 presa di sale
- Olio di arachidi per friggere
- Zucchero a velo
Procedimento:
Formate la classica fontana con la farina e al centro mettete tutti gli ingredienti restanti, quindi impastate il tutto.
Lasciate riposare 2 ore.
Stendete poi una sfoglia sottile con il mattarello (se avete la nonnapapera viene meglio e faticate di meno) e ritagliate le striscioline con la rotellina zigrinata.
Lasciate riposare 30 minuti.
Friggete in una padella larga e olio di arachidi a 190°. Devono stare pochi secondi, giusto il tempo di dorarsi.
Spolverare di zucchero a velo solo dopo che si sono freddate e asciugate per bene.
Il Carnevale in musica
La natura goliardica e irriverente del Carnevale, lo stravolgimento dei ruoli, le maschere, gli scherzi, il fascino un po’ sovversivo di questa festa non poteva che influenzare anche il mondo della musica, in quanto arte dall’espressione libera, immediata e coinvolgente.
Molti sono stati nei secoli i musicisti che si sono lasciati affascinare dal tema carnevalesco, tra questi il primo che affiora alla mente per la celebrità del suo “Carnevale degli animali” è il compositore francese Camille Saint-Saëns, ex bambino prodigio, pianista, organista, oltre che scrittore, scienziato, filosofo e brillante intellettuale, fu una delle personalità di spicco della Francia di fine Ottocento.
Il suo Carnevale degli animali, una suite per pianoforte e orchestra composta da una successione di brani, ognuno dei quali descrive musicalmente un animale, adotta l’idea dello zoo fantastico e fantasioso, con lo scopo di riportare in superficie i vizi, i difetti e le cattiverie degli uomini. Il tutto con un linguaggio musicale ironico che giustifica il Carnevale come momento di verità.
Prima di lui un altro grande compositore, Robert Schumann, aveva dato vita ad un sublime Carnaval per pianoforte, sempre nella forma della suite. Nell’opera schumanniana il Carnevale si veste di toni drammatici: le maschere di Pierrot e di Arlecchino hanno un collegamento con la morte, come massima liberazione dello spirito dell’individuo.
Esenti da intenti parodistici, invece, i brani dedicati al carnevale dai due più grandi virtuosi della storia musicale: Franz Liszt e Niccolò Paganini.
Il primo, ispirandosi alle tradizioni folkloristiche dell’Ungheria e al Carnevale di Pest, compose una famosa rapsodia ungherese dando vita ad un brano virtuosistico e trascinante, dove si colgono i caratteri propri dei canti e danze tipiche del periodo carnevalesco, mentre Paganini con le sue Variazioni sul Carnevale di Venezia dà vita a dei virtuosismi di grande effetto che vogliono emulare i momenti di gioia e spensieratezza della festa popolare.
E ancora Johann Strauss con l’operetta “Der Karneval in Rom”, in cui alla dimensione del carnevale si unisce anche una trama amorosa, e il meraviglioso balletto “Petruška” di Igor Stravinskji, in cui il protagonista è un personaggio del teatro russo: un burattino dal corpo di segatura e la testa di legno.
In Petruška il compositore russo commenta esaurientemente l’idea del Carnevale: il balletto si apre sulla piazza dell’Ammiragliato di San Pietroburgo proprio nel periodo della settimana grassa, con la folla che festeggia danzando ininterrottamente su temi popolari russi, il ritmo veloce e mutevole enfatizza l’andirivieni caotico di passanti, zingare, forze dell’ordine e ballerini di strada.
Come in Schumann, anche in Stravinskij il tema carnevalesco viene affrontato con toni drammatici, in questo caso atti a sottolineare la passionalità della storia che vede un conflitto di gelosia tra i tre protagonisti, che sfocia nella morte del povero Petruška.
Esistono, inoltre, nella musica classica, generi e forme di delizioso sapore carnevalesco: gli scherzi e le burle.
Ma qui ci addentreremmo in un capitolo che avrebbe bisogno di largo spazio, vi lascio, dunque, consigliandovi l’ascolto delle opere sopra