“Un viaggio in Armenia” , di Luigi Vigliotti, è il titolo della mostra fotografica che verrà esposta a Spaziogmarte
Il progetto raccoglie una serie di fotografie scattate in più anni e durante differenti viaggi nei territori al confine fra la Turchia, Caucaso ed Iran e, nella sua interezza, s’intitola “Ricordi d’Armenia”.
Vigliotti è un geologo che vive a Bologna e che ama, nei suoi viaggi, spingersi alla scoperta anche di luoghi poco accessibili, varcando aree lontane dai percorsi turistici, a volte quasi dimenticate dal tempo seppure ancora presenti con proprie popolazioni e culture.
Affrontare disagi ed imprevisti, sul suo percorso gli ha permesso di sperimentare sensazioni più profonde ed intime come solo “un viaggio nel tempo” può offrire.
Viaggiando sull’altopiano anatolito, ha ripercorso itinerari dell’ antica Via della Seta, entrando in contatto con culture dove, in passato, la cristianità ha lasciato chiese e monasteri dei quali oggi spesso non restano che macerie ammassate, muri scrostati ed affreschi esposti alla luce intensa del sole.
Nella sua presentazione, il progetto si discosta da ciò che, solitamente, ci si può aspettare di vedere visitando una mostra di fotografia.
L’artista parla di rivisitazione di un sogno che ha, poi, voluto “ritrascrivere attraverso le immagini”.
Le fotografie, infatti, ricordano molto gli schizzi, che gli esploratori tracciavano, con mano rapida e sicura, aggiungendo piccoli tocchi di acquerello, sui loro taccuini di viaggio.
La manipolazione delle immagini, che è stata eseguita, in un secondo momento, di per sé, non è una novità nella storia della fotografia.
Basti pensare alle manipolazioni che già a metà dell’Ottocento, Oscar Gustave Rejlander, realizzò creando “fotografie composte”, oppure ad Alvin Langdon Coburn con il suo vortografo, ai rayogrammi di Man Ray fino ad arrivare ai nostri giorni con l’uso di photoshop.
Langdon Coburn, stesso, scrisse, precorrendo i tempi e facendo riferimento a questa pratica:” Per quale motivo anche l’artista della fotocamera non dovrebbe tagliare i ponti con convenzioni ormai logore…e rivendicare la libertà d’espressione di cui ogni arte ha bisogno per mantenersi viva?”
Questa scelta ancora oggi crea pareri discordanti ponendo spesso in vivace contrapposizione gli estimatori della fotografia analogica pura con chi preferisce utilizzare i propri scatti fotografici come base, punto di partenza, per creare mondi virtuali e realtà inesistenti.
L’autore è ricorso ad una tecnica, non tecnologica, composta essenzialmente da tre diversi passaggi. Ha prima realizzato le sue fotografie, con una macchina fotografica analogica, su diapositive 35mm. In un secondo momento, ha rifotografato le immagini ottenute, con una Polaroid, per poi trasporre l’emulsione della gelatina fotografica della pellicola su carta umida per acquerello o legno, questo, per creare un effetto”patina del tempo” che le rendesse più vicine al passato che al presente.
Il giorno dell’inaugurazione sarà presente anche l’autore per raccontare dei retroscena dei suoi viaggi, illustrare il proprio progetto ed offrire un piccolo rinfresco.