Al teatro Sannazaro per la linea “Tradizione la nostra” da venerdì 22 a domenica 24 febbraio va in scena “Un ragazzo di campagna” commedia in due parti di Peppino De Filippo per la regia di Luigi De Filippo ripresa da Rosario Giglio.
“Un ragazzo di campagna” è una farsa in due parti rappresentata per la prima volta al Teatro Nuovo di Napoli nel 1931. La trama ruota intorno alle nozze di Pasqualino e Lucia, organizzate dal fratellastro di lui, Giorgio. Questi, per guadagnare una consistente somma di denaro, si accorda con il padre della ragazza che vuole far sposare la figlia, che ha sempre rifiutato qualsiasi pretendente. A nozze avvenute si scopre che la ragazza è segretamente innamorata di Enrico con il quale fuggirà dopo che costui avrà malmenato Giorgio.
“Rappresentata per la prima volta al Teatro Nuovo di Napoli fu uno dei primi successi dei fratelli De Filippo, Eduardo, Peppino e Titina. La propongo al pubblico oggi con la mia regia e interpretazione assieme ad una Compagnia di validi e giovani attori. In questa commedia vi sono i personaggi comici e grotteschi della Napoli dei De Filippo. Una comicità festosa e amara che, sotto l’apparenza della buffoneria, nasconde una sostanza fatta di dolore e sofferenza.
Siamo negli anni intorno al 1930, in un paesino di campagna nei dintorni di Napoli. Giorgio oppresso dai debiti e con una moglie ex ballerina di varietà, capricciosa ed amante della bella vita, vuol cambiare un matrimonio d’interesse tra il fratellastro Pasqualino e la bella Lucia, figlia di un ricco possidente del paese. E, una volta celebrate le nozze, la situazione precipita. La sera stessa del matrimonio, l’antico fidanzato di Lucia, un giovane violento, torna a riprendersi di prepotenza la sua donna, e così il povero Pasqualino resterà solo e disperato senza moglie e senza la ricca dote sulla quale aveva messo gli occhi il fratellastro Giorgio.
La vicenda, nella quale si disegnano comicamente tipi e caratteri della campagna napoletana del 1930, profuma di semplici ma sinceri sentimenti di un mondo perduto che appartiene al paese dell’anima che è quello della memoria, c’è il gusto di parlare dell’uomo all’uomo affascinandolo con una “favola campagnola” amara e grottesca, nella quale può trovare in caricatura una parte di se stesso, Il Teatro inteso come un gioco, una finestra aperta su una piccola provincia vista con ironia, dove di vero e sincero ci sono la spontaneità e la violenza dei sentimenti che accompagnano la nostra esistenza nel bene e nel male.
In questa commedia si riconoscono i primi segni di quello che poi con il tempo caratterizzerà il Teatro di noi De Filippo e cioè la capacità di portare alla ribalta in modo leggero temi importanti. Il pubblico si diverte, ma la sua risata non è di semplice evasione ma di apprendimento e riflessione”.