E’ fatto con grano straniero un pacco di pasta su tre e circa la metà del pane in vendita in Italia ma i consumatori non lo possono sapere perché non è obbligatorio indicare la provenienza in etichetta.
E’ quanto emerge da una analisi della Coldiretti presentata in occasione della mobilitazione al Porto di bari con gli agricoltori all’arrembaggio per raggiungere le navi che scaricano mais, soia e grano provenienti dall’estero e difendere il Made in Italy alimentare, dal campo alla tavola.
I prezzi del grano duro in Italia nel 2016 sono crollati del 31 per cento rispetto allo scorso su valori al di sotto dei costi di produzione che mettono a rischio il futuro del granaio Italia.
In pericolo non c’è solo la produzione di grano ed il futuro di oltre trecentomila aziende agricole che lo coltivano ma anche un territorio di 2 milioni di circa ettari a rischio desertificazione e gli alti livelli qualitativi per i consumatori garantiti dalla produzione Made in Italy.
L’Italia nel 2015 ha importato circa 4,8 milioni di tonnellate di frumento tenero, che coprono circa la metà del fabbisogno essenzialmente per la produzione di pane e biscotti, mentre sono 2,3 milioni di tonnellate di grano duro che arrivano dall’estero, le quali rappresentano circa il 40 per cento del fabbisogno per la pasta.
Si tratta del risultato delle scelte poco lungimiranti fatte nel tempo da chi ha preferito fare acquisti speculativi sui mercati esteri di grano da “spacciare” come pasta o pane Made in Italy, per la mancanza dell’obbligo di indicare in etichetta la reale origine del grano impiegato.
Un comportamento reso possibile dai ritardi nella legislazione comunitaria e nazionale che non obbliga ad indicare la provenienza del grano utilizzato in etichetta.