Dario Cannizzaro, classe 1982. Fino al 2011 ha vissuto in Italia fra Napoli, Parma, Bergamo e Roma. Poi si trasferisce a Cork, in Irlanda. Dove attualmente vive e lavora. E scrive.
In questi giorni è stato pubblicato il suo libro: una raccolta di racconti in lingua inglese dal titolo Of life, death, aliens and zombies.
Che sia uno scrittore speciale, un dono per tutti noi lettori, lo si capisce già dalla prefazione che l’autore ci invita a non leggere (e lo dice uno che ama le prefazioni!), ma – ci suggerisce – di saltarla a piè pari e di passare direttamente ai racconti. Alle storie. Alla vita.
La vita che trasuda con violenza in tutta la sua bellezza e oscenità, piacere e dolore, amore e orrore in ogni singola parola di questa raccolta di racconti che tutti dovrebbero leggere. Per quanto si possano proporre paragoni (McCarthy, Welsh, Carver , Saramago – che ci stanno tutti!) lo stile di Cannizzaro è – fortunatamente! – unico.
I racconti di Of life, death, aliens and zombies contengono in sé una enorme quantità di temi, di stili di scrittura e di spunti di riflessione.
Si passa dal geniale The announcement – semi-blasfemo, un caleidoscopio di invenzioni che contiene in sé un ribaltamento di prospettiva su un tema “serio” (Humanity never needed God; it only needed hope. […] And life kept going, as it always does) – al quasi-comico ed allo stesso tempo riflessivo Summer’s ended; o al biografico, intenso e profondo Bathroom love; o ancora all’altro tenero racconto auto-biografico The name of the Rose ambientato nella nostra Pozzuoli (racconto tra l’altro già pubblicato a marzo 2016 per la rivista Two thousand Words) in cui si rammentano le vecchie librerie di un tempo, quelle indipendenti, gestite da veri librai. Posti ormai scomparsi e appartenenti ad un tempo ormai – ahimé – passato.
Vi è poi Yet another Zombie Apocalypse con il suo geniale incipit: But that’s the story of how I never got to finish my sandwich. Una storia zombie senza zombie, diversa da tutto ciò che di zombie abbiate mai letto o guardato, e che qui si trasforma in uno sprone ed un inno alla vita vera, quella semplice, atavica, fatta di piccole cose. Quasi una sorta di Fight Club ma senza la pomposità e la serietà che caratterizzavano il libro di Palhaniuk.
Ed allo stesso tempo una critica alla “evoluzione” della figura dello zombie nella cultura di massa che ha perso tutta la sua anima dissacratoria ed anti-consumistica e che con Dario , in un certo senso, torna all’originario significato metaforico romeriano. Un meta-racconto che è anche un azzeramento del tema, tornando al punto zero del genere.
Tra l’altro geniale l’invenzione del tutorial su internet per uccidere gli zombie.
Impurità invece, come lo stesso autore ci spiega, è classificata in ambito editoriale come una novelette per questioni inerenti la lunghezza. Tale definizione potrebbe però trarre in inganno da ciò che in realtà è: e cioè un grandissima novella, nel senso qualitativo del termine.
Si avverte molta tenerezza quando Cannizzaro ci racconta (sempre nella prefazione; mi raccomando: leggetela!) di averlo scritto sul retro dei volantini promozionali durante le pause pranzo quando giovanissimo lavorava nel reparto ortofrutta di un ipermercato. Un po’ come Stephen King che scrisse Carrie mentre lavorava in una lavanderia. E tutti sappiamo chi è diventato.
Impurità è pieno di dialoghi e battute che subito diventano immortali: Of all the things that don’t exist, love is the most wonderful one, o But there’s nothing so important that can replace happiness.
Un insieme di personaggi e situazioni tragiche e di solitudine assoluta: come donne che mandano a se stesse telegrammi di condoglianze. Storie sulla voglia di cambiare il mondo o sui sogni infranti, di apatia, di amore mancato e tempo tiranno.
Impurtà è un quadro che si compone pian piano, i cui vari elementi, pezzi, parole, cose prendono man mano forma ed ognuno ha il suo posto all’interno del quadro (o puzzle) caratterizzato da un forte simbolismo emotivo.
Il tutto senza un preciso ordine cronologico, situazionale. Ma alla fine tutto va al proprio posto. Più o meno tutto. Come ci si augura avvenga nella vita. Impurità ti resta dentro.
Una “novelette” sulla passione. Quella passione folle che ti fa sentire vivo con un sotto-finale è davvero spiazzante. E tristissimo.
Quando un libro viene pubblicato non è più del suo autore. E diventa proprietà del mondo. Grazie Dario per averci regalato Of life, death, aliens and zombies.