Greenpeace interviene nell’ennesima lotta per salvaguardare il pianeta. Stavolta il motivo della petizione già in corso della nota organizzazione ambientalista è quello di convincere la Lego, arcinota industria di giocattoli danese, a rompere gli accordi che la unisce alla gigante petrolifera Shell. Già perché non è passata inosservata la presenza del marchio della famosa conchiglia rossa (Shell deriva dall’inglese seashell, conchiglia)su molti dei giocattoli prediletti dai più piccini. La conchiglia, la struttura biologica che protegge i molluschi del mare, sarebbe stato proprio l’iniziale business di uno dei fondatori del colosso anglo-olandese. Da qui il logo attuale. Ironia della sorte, oggi la Shell, secondo Greenpeace, starebbe mettendo in serio pericolo proprio il mare, in particolare l’habitat dell’Artico, aggravando il riscaldamento globale con le sue trivellazioni petrolifere. Ma c’è di più. A detta dell’associazione pacifista, la parternship commerciale con la Lego sarebbe un chiaro tentativo di ripulire la sua immagine agli occhi dell’opinione pubblica mondiale, sfruttando un marchio caro non solo ai più piccini. “Il cambiamento climatico è un’enorme minaccia per tutti i bambini del mondo ma Shell tenta di rubare la magia della Lego per nascondere il proprio ruolo. E’ il momento per la Lego di rompere questo accordo” ha detto Ian Duff, responsabile della campagna a favore dell’Artico. Eppure è ancora fresca la dichiarazione del presidente e amministratore delegato della Lego, Jorgen Vig Knudstorp, per il quale, a fronte di una forte espansione mondiale, l’azienda “è decisa a lasciare un impatto positivo sulla società e sul pianeta che i nostri figli erediteranno”. Parole a cui dovranno seguire nell’immediato i fatti se non si vuole rischiare di screditare il colosso di giocattoli davanti all’opinione pubblica mondiale. La Shell e altre compagnie petrolifere hanno promosso azioni legali volte a preservare il sereno andamento della loro attività lavorativa dai numerosi attacchi delle navi ambientaliste. In molti casi i giudici hanno dato loro ragione (come è avvenuto di recente in Alaska, dove è stato fatto divieto a Greenpeace di avvicinarsi a più di 200 miglia dalle petroliere) ma la battaglia certo non finisce qui. Greenpeace già in passato aveva raccolto più di 2.000.000 di firme da ogni parte del mondo, per difendere le acque dell’Artico e il Polo Nord che, non essendo di proprietà di nessuno, è oggetto di accesi scontri per meri interessi economici che offendono il nostro delicato ecosistema. Trivellazioni a dismisura, riscaldamento globale e pesca con reti a strascico i principali nemici del meraviglioso ambiente polare.
9 Luglio 2014
UN MATTONCINO PER L’AMBIENTE
Scritto da Claudio Talone
Greenpeace si scaglia contro l?accordo tra Shell e Lego.