Avvelenati dall’amianto da vent’anni
L’ex fornace Corvaia di Golfarolo è un capannone di diecimila metri quadri in cemento/amianto, “aggredito da fattori antropici e naturali, è oggetto da circa un ventennio di sfaldamenti e crolli e che un cedimento definitivo accrescerebbe a dismisura l’amianto aerodisperso e risulterebbe verosimilmente devastante per la popolazione residente”. E da allora una comunità residenziale della Marsica, ubicata tra Oricola e Carsoli (AQ), è continuativamente esposta a polveri di asbesto. A segnalare l’assurda vicenda è un cittadino del luogo, Virgilio Conti, in una lettera indirizzata allo Stato affinchè il Comune di Oricola, la Regione Abruzzo – Direzione Parchi, Territorio, Ambiente ed Energia Servizio Gestione rifiuti e la Provincia di l’Aquila – Settore Politiche Ambientali possano attivarsi, come previsto da varie Ordinanze Sindacali del Comune di Oricola e dalle leggi vigenti (D.L. n° 152/2006 – Norme in materia ambientale), con somma urgenza per l’esercizio dei poteri sostitutivi al fine di porre in essere tutte le misure di sicurezza, gli interventi di rimozione delle sostanze nocive, il loro corretto smaltimento e le opere di bonifica del sito contaminato da amianto ex fornace Corvaia di Oricola. Di recente è stata anche presentata alla Camera un’interrogazione parlamentare da parte della deputata Elisabetta Zamparutti, rivolta ai ministri dell’Ambiente, della Salute e dell’Interno, al fine di individuare una soluzione ad un problema che da anni assilla i cittadini di quel paese. Scopo dell’interrogazione è di inserire la ex fornace Corvaia di Golfarolo “nei siti di bonifica di interesse nazionale” di cui all’apposito decreto del ministero dell’Ambiente e “quali altri provvedimenti intenda adottare per permettere alla messa in sicurezza e la bonifica in tempi certi e brevi”. Il cittadino Virgilio Conti fu tra i primi a denunciare i rischi per la salute derivanti dal capannone di eternit e amianto, posto a pochi metri dalle case, che da parecchio tempo non sfornava cotti e laterizi. “La preoccupazione aumentò” – spiega – “dal momento in cui appresi di malattie alle vie respiratorie tra gli abitanti della zona. Certo, forse nulla correlava univocamente quelle affezioni con l’amianto, però erano state presentate circostanziate denunce all’unità sanitaria locale ed alla Procura della Repubblica”. “Venni poi fortuitamente in possesso della copia cartacea di un’ordinanza Sindacale la quale mi dette modo di approfondire l’argomento. Nell’ordinanza si evidenziavano “rischi e pericoli” certificati da ASL e ARTA (Agenzia per l’ambiente della Regione Abruzzo), si individuavano precise responsabilità , si ordinavano interventi di bonifica e misure di sicurezza”. Da questo documento inoltre si evinceva che lo stato di inquinamento era “grave ed allarmante”. A ottobre 2008 inizia il processo e il Comune di Oricola si costituisce parte civile. A settembre 2009 viene emessa una sentenza di condanna nei confronti della proprietà : un anno e due mesi di reclusione per inquinamento ambientale, un multa di 7mila euro, il risarcimento di 23mila euro delle spese di recinzione sostenute dal Comune, la rimozione dei materiali pericolosi e la bonifica dell’area. Una barzelletta se si pensa ai danni che l’avvelenamento di amianto (asbestosi) può provocare a una popolazione sottoposta a oltre vent’anni di esposizione alle microfibre. L’amianto (eternit o altre denominazioni commerciali), lo ricordiamo, è fuori legge in Italia dal 1992. Le polveri di amianto, se respirate, provocano l’asbestosi, nonché tumori della pleura, ovvero il mesotelioma pleurico e dei bronchi, ed il carcinoma polmonare. Nella fattispecie della fornace, ARTA (Agenzia per l’ambiente della Regione Abruzzo) ha stabilito trattarsi di amianto in matrice friabile del tipo crisotilo o asbesto bianco e crocidolite o asbesto blu; in altre parole, polveri e microfibre amiantifere che, liberate dalle aggressioni atmosferiche e poste in aerodispersione, sono estremamente pericolose se inalate. Uno studio di carattere generale ha messo in evidenza che ogni metro quadrato di eternit rilascia ogni anno mediamente tre grammi di amianto; questo significa che l’area del sito in oggetto, avente un’estensione di diecimila metri quadri, ogni anno può disperdere nell’aria trenta chilogrammi di amianto. Si tenga conto che un centimetro lineare di questo materiale contiene 335.000 microfibre, tutte cancerogene. L’allucinante vicenda non è, purtroppo, giunta al termine. La parte condannata è ricorsa in appello e che il procedimento penale è passato dal Tribunale di Avezzano alla Corte d’Appello dell’Aquila. Ora, considerando che il nostro ordinamento prevede tre gradi di giudizio e che i procedimenti giudiziari non possono sempre definirsi celeri, si debbono verosimilmente temere tempi lunghi, ulteriori proroghe e rinvii. La popolazione locale non può più aspettare ulteriori lungaggini burocratiche. Gli organismi preposti alla salute pubblica devono provvedere alla rimozione dell’amianto in tempi più brevi possibili. “Io ho fiducia nelle Istituzioni”, ribadisce, nonostante tutto, Virgilio Conti. “E tuttavia, nonostante tempi biblici e scarsi risultati, io confido nella possibilità di portare presto a buon compimento questa storia di malambiente”.Â