Storie di vita
Un Cuore condiviso di Vincenzo de Lillo è il nuovo libro dell’autore, una raccolta di microstorie, scritte nel tempo e messe lì in un cassetto in attesa di essere ripescate per tempi migliori. Quei tempi arrivano e Vincenzo scopre che quelle piccole istantanee quotidiane possono dar vita ad una raccolta esilarante e ironica, collage di fatti e fattarielli, leggeri ma non troppo, da leggere in ogni occasione, specialmente se si è un po’ giù di corda.
Con Vincenzo de Lillo abbiamo già chiacchierato in occasione del suo romanzo d’esordio con un’intervista, una recensione e un Podcast sul suo esilarante Delirio. Oggi invece, cogliamo l’occasione per parlare del suo ultimo libro, una raccolta di storie per lo più personali che ci consentiranno di conoscere meglio Vincenzo, la sua vita, le sue esperienze e il suo approccio alla scrittura.
Ricordiamo che Vincenzo è uno scrittore emergente, napoletano, classe 1977, allegro, simpatico e “semplice”, come egli stesso ama definirsi. Ha una passione smodata per la lettura e la scrittura e dopo aver pubblicato in diverse antologie una decina di racconti, nel 2020 decide di dare alla stampa il suo primo romanzo, Delirio.
Anche questa volta abbiamo avuto il piacere di scambiare quattro chiacchiere con Vincenzo. Questa volta, però, anziché parlare della vita del protagonista del suo libro, spulciamo nella sua. Con la solita simpatia e ironia, oggi Vincenzo ci parla del suo ultimo lavoro: Un Cuore condiviso.
Un Cuore condiviso di Vincenzo de Lillo
Un Cuore condiviso è la tua seconda “fatica” letteraria, una raccolta di aneddoti e microstorie della tua vita. Come mai questa scelta? Questo cambio di genere letterario?
È stata una cosa improvvisa, nata quasi per gioco. Un giorno ho voluto vedere quanti pezzi sulla mia famiglia avevo scritto dal 2014 ad oggi e mi sono reso conto che erano più che sufficienti per farne un libro.
Li ho quindi raccolti, ampliati, sistemati in modo da poter essere pubblicati, ho aggiunto diversi inediti ed è nata una corposa antologia.
43 pezzi titolari e almeno una quindicina che ho lasciato tra panchina e tribuna.
Così per caso, e così velocemente, che non ho ritenuto opportuno proporre la raccolta ad una casa editrice, ma ho solo chiesto aiuto ad un’associazione culturale, L’associazione Qulture, che si occupa del supporto e dell’aiuto agli scrittori emergenti, per l’editing e l’impaginazione.
Il genere di base è sempre lo stesso, o molto simile ai miei scritti precedenti, cioè la scrittura ironica e divertente, anche se poi mi sono trovato a mettere su carta aneddoti tragici o tristi della mia vita ed allora lo stile è cambiato, diventando più serio e composto.
In questi racconti sveli tanto di te stesso, cosa che gli scrittori fanno raramente. Non temi di esporti?
Più di una persona mi ha fatto questa domanda, ma non lo trovo così strano. Cioè, è vero che a volte nei pezzi che raccontano episodi personali non ci faccio proprio un figurone, sembrando un novello Fantozzi, ma chi nella vita non ha mai fatto una figuraccia o vissuto un momento imbarazzante? Non ho problemi a raccontarli e raccontarmi…mi piace scherzarci tanto, ma è pur vero che forse Stephen King non lo farebbe.
Ma tanto che me ne importa, mica so’ Stephen King!
C’è un aneddoto che mi ha colpita particolarmente e che riguarda la tua vita da chierichetto. La microstoria in questo caso è stato uno spunto per una sorta di denuncia nei confronti del malaffare di molti esponenti della Chiesa. In Un Cuore condiviso ci sono altre storie che ti sono servite da spunto per riflessioni su importanti temi sociali oppure “Gioventù” è stato un caso isolato?
Direi isolato. Lo scrissi in un momento in cui in tv passavano in continuazione terribili notizie con protagonisti ecclesiastici e allora riportai la mia esperienza con uno di loro, che invece fu splendida e amorevole. Sono stato più fortunato di altri e ho voluto testimoniarlo.
Parlaci un po’ della copertina del tuo libro. E’ molto particolare, ed è un’opera di Dario Scotto. Dove l’hai vista? E perché ti ha ispirato la copertina?
Dario Scotto di Luzio oltre ad essere un amico, forse uno dei più cari, è un artista straordinario, con il talento di un esperto artigiano e il genio riservato a pochi eletti.
Ho visto la sua opera, un cuore dell’iconologia classica rivisitato, costruito in legno e ferro, me ne sono innamorato e l’ho voluto in copertina. Così, con l’aiuto grafico di un altro artista, della fotografia stavolta, che risponde al nome di Fabio Fant, ne è venuta fuori una bella foto.
Secondo me è venuta una cosa abbastanza azzeccata. Però io so’ di parte, nun posso giudica’.
Tra tutte le microstorie, gli aneddoti e le istantanee di vita che compongono Un Cuore condiviso, qual è quella a cui sei maggiormente legato, che porti nel cuore? E perché?
Potrei dire che quelle sui miei genitori sono le storie che più mi colpiscono l’anima e il cuore, essendo un mammone patologico, ma sarebbe ingiusto nei confronti della donna che mi sopporta e supporta(in egual misura…)da decenni, che è quel bel donnino di mia moglie, e pure nei confronti dei miei bambini, cui il libro è dedicato per la gioia e la sostanza che hanno portato nella mia vita.
Diciamo quindi la prima microstoria, quella sui De Lillo in generale, ma solo perché è quella da cui sono partito.
Ormai è chiaro che la scrittura fa parte della tua vita. Stai già pensando ad un’altra “fatica”? e se sì, cambierai ancora genere?
La scrittura per me è una malattia, una cosa di cui non riesco a fare a meno, per cui sì, ho altri progetti.
Un romanzo che sto rieditando sempre in stile Delirio, cioè comico, e una serie di racconti, che mi piacerebbe raccogliere in un’antologia, in cui mi sono cimentato anche addirittura nella scrittura noir ed horror. Perché evidentemente la mia malattia sta degenerando. Vedremo se qualcuno vorrà pubblicarli.
Nel frattempo, dopo le 22, sto sempre azzeccato al Pc a passare le serate. Tanto che posso fare, manco si può uscire?