Consumatori. Cassazione: le banche debbono rimborsare risparmiatori per investimenti a rischio in caso di mancanza di adeguate informazioni alla clientela. Viene così ad essere sancito un diritto che, diciamo la verità , in realtà più che un traguardo giuridico è l’applicazione di un po’ di buon senso; ma si sa in Italia e non solo le Banche il buon senso non lo possono acquistare sui mercati
Duro colpo alle banche da parte della Corte di Cassazione che con la recente sentenza numero 61242 del 2012 ha bacchettato gli istituti di credito stabilendo che i risparmiatori devono essere risarciti nel caso in cui siano stati venduti titoli ad alto rischio se non sono stati rispettati gli obblighi d’informazione stabiliti dalla legge. Nella fattispecie la Suprema Corte ha preso in esame una causa, tra le tante, relativa ai bond emessi in Argentina, che aveva già visto soccombente in entrambi i giudizi di merito una banca che era stata, quindi, costretta a risarcire due risparmiatori che avevano investito l’ingente importo di 169.000 euro in titoli argentini. I giudici del Palazzaccio hanno rilevato come il default della nazione sudamericana fosse ampiamente prevedibile, tanto che per le banche vi era il dovere d’informare i propri clienti dell’elevato rischio dell’investimento. Nel caso in questione, l’istituto di credito non aveva adeguatamente informato i clienti della rischiosità dell’operazione pur avendo la consapevolezza dell’imminenza del crack in Argentina, mentre avrebbero dovuto indicare che i titoli argentini avevano delle caratteristiche di rischio non adeguate al loro profilo di investitori. Nel ricorrere al giudice di legittimità avverso la condanna subita, la banca tra l’altro aveva motivato il proprio ricorso evidenziando che i clienti avevano sottoscritto un documento accettando le condizioni di investimento. Ma secondo gli ermellini il modulo in questione, non è causa di esclusione della responsabilità della banca perché la sottoscrizione di un modulo per quanto testualmente affermato nella decisione, “in ordine alla propria consapevolezza, conseguente alle informazioni ricevute, della rischiosità dell’investimento e della inadeguatezza dello stesso rispetto al suo profilo di investitore, non costituisce dichiarazione confessoria, in quanto è rivolta alla formulazione di un giudizio e non all’affermazione di scienza e verità di un fatto obiettivo”. Significativa è anche l’entità della condanna inflitta nei confronti della banca: la Suprema Corte ha confermato anche la sentenza della Corte d’Appello nella parte in cui aumentava il risarcimento in riferimento all’entità degli interessi maturati. Se, infatti, il giudice di prima istanza aveva condannato l’istituto di credito a pagare i soli interessi a partire dalla data della domanda giudiziale sino a quella dell’effettivo rimborso, in Appello gli interessi venivano fatti decorrere dalla data dell’investimento.
Alla luce di tale importante decisione, Giovanni D’Agata, componente del Dipartimento Tematico Nazionale “Tutela del Consumatore” di Italia dei Valori e fondatore dello “Sportello dei Diritti”, nel commentare l’importante decisione che fa giustizia alle migliaia di risparmiatori che avevano affidato i loro risparmi utilizzati per l’acquisto di titoli cosiddetti “spazzatura”, invita tutti coloro che hanno investito in prodotti ad alto rischio quali fra le altre azioni e obbligazioni Parmalat, Cirio, Lehman Brothers, bond Argentina, titoli Greci e simili ad avvalersi del supporto degli esperti dello “Sportello dei Diritti”, per avviare tutte le azioni a propria tutela al fine di riprendersi il maltolto.