Una terapia applicabile per mezzo di semplici gocce per gli occhi potrebbe fornire un importante contributo alla lotta contro le malattie neurodegenerative e alla comprensione dei processi biologici alla base dello sviluppo delle connessioni e delle strutture cerebrali. Queste le conclusioni a cui è giunto uno studio recentemente apparso sull’European Journal of Neuroscience a firma di un team di ricercatori dell’Istituto di biologia cellulare e neurobiologia del Consiglio nazionale delle ricerche di Roma (Ibcn-Cnr), guidati da Paola Tirassa. Attraverso la somministrazione di un collirio contenente il ‘Nerve growth factor’ (Nfg), il fattore di crescita nervoso, i ricercatori del Ibcn-Cnr hanno infatti dimostrato nel modello animale che questo trattamento è in grado di contrastare gli effetti del danno neuronale, inducendo le cellule cerebrali progenitrici presenti nel cervello a produrre nuovi neuroni.
“Il fattore endogeno responsabile della crescita e della riparazione delle cellule nervose è stato individuato per la prima dal premio Nobel Rita Levi Montalcini ed è largamente conosciuto per la sue proprietà neuroprotettive e rigenerative“, spiega Tirassa. “Il lavoro svolto negli ultimi anni nel campo della ricerca oftalmologica ha inoltre mostrato come l’utilizzo di un collirio Nfg negli animali, superando la barriera retinica e raggiungendo direttamente e indirettamente le aree cerebrali, sia capace di contrastare gli effetti degenerativi causati, ad esempio, dall’encefalopatia diabetica, dall’infiammazione cronica e da agenti chimici.“
Lo studio dell’Ibcn-Cnr, oltre a consolidare le conoscenze sull’efficacia dell’assunzione del fattore di crescita nervoso tramite terapia oculare, fa chiarezza sui meccanismi biologici alla base di questa rinascita cellulare. “Abbiamo osservato – conclude Tirassa – che il collirio Nfg agisce direttamente su una particolare area del cervello, la zona subventricolare dei ventricoli laterali, considerata la più ricca sorgente di precursori neuronali (cellule non differenziate) nei mammiferi. Quest’interazione, quindi, favorisce la generazione dei nuovi neuroni che andranno a rimpiazzare quelli lesionati. La scoperta potrebbe aprire prospettive future per lo sviluppo di terapie non invasive, indolori e prive di evidenti effetti collaterali per la cura delle patologie neurodegenerative umane“.