CR7 è una galassia a circa 13 miliardi di anni luce da noi, e grazie a uno studio teorico sviluppato da un team di ricercatori statunitensi è stato possibile stabilire che la sua intensa emissione è probabilmente dovuta a un buco nero primordiale al suo centro, formato per collasso diretto.
Un’immagine ottenuta da una simulazione al computer dell’ambiente cosmologico in cui il gas primordiale subisce il collasso diretto e diventa un buco nero. Il gas scorre lungo i filamenti di materia oscura, che formano una rete cosmica di collegamento tra le strutture dell’Universo primordiale. Le prime galassie si sono formate nei punti in cui questi filamenti si incontrano.
Un team di astronomi statunitensi ha scoperto un insolito buco nero, nato in una fase molto primordiale dell’Universo. Le prove raccolte da Aaron Smith, Volker Bromm e Abraham Loeb dimostrano che l’insolita e intensa radiazione emessa dalla galassia CR7 (di cui avevamo parlato proprio ieri qui su Media INAF) è probabilmente alimentata da un buco nero formato per collasso diretto. L’esistenza di questo tipo di oggetti era stato ipotizzato dai teorici più di un decennio fa. I risultati sono stati pubblicati sulla rivista Monthly Notices of the Royal Astronomical Society.
I buchi neri formati per collasso diretto potrebbero rappresentare la soluzione per un mistero di lunga data, per chi si occupa di astronomia: come hanno fatto a formarsi i buchi neri supermassicci nelle prime epoche dell’Universo? Esistono forti evidenze della loro presenza nelle fasi primordiali del cosmo. Ad esempio sono necessari per alimentare i luminosissimi quasar rilevati a grandi distanze. Tuttavia, ci sono diversi ostacoli che si oppongono alla loro formazione, tra cui il fatto che il processo di crescita progressiva sarebbe troppo lento.
Gli astronomi ritengono di avere un quadro piuttosto chiaro di come si possano ottenere buchi neri supermassicci da milioni di soli come quelli scoperti nella maggior parte delle galassie nell’Universo recente. Tutto ha inizio a partire da un singolo buco nero da un centinaio di masse solari, frutto del collasso di una stella estremamente massiccia, che mano a mano attira a sé gas, aumentando così la propria massa, e può fondersi in momenti successivi con altri buchi neri. Tale processo è chiamato accrescimento.
Questa teoria non è in grado di spiegare l’esistenza di buchi neri supermassicci estremamente lontani, e quindi giovani. Le galassie presenti nell’Universo primordiale possono anche aver visto il collasso di stelle, e la formazione di buchi neri, ma non sarebbero in grado di produrre l’intensa emissione osservata dai quasar. Buchi neri di quel tipo non avrebbero gas a sufficienza per alimentarsi, perché sarebbe stato spazzato via dai venti delle stelle di recente formazione.
Nel 2003 Bromm e Loeb hanno avanzato un’ipotesi teorica che permette di ottenere la formazione di un buco nero supermassiccio in una galassia primordiale. Più tardi questo processo è stato soprannominato ‘collasso diretto‘.
«Si inizia da una nube primordiale di idrogeno ed elio, immersa in un mare di radiazione ultravioletta», spiega Bromm. «Si comprime la nube grazie al campo gravitazionale di un alone di materia oscura. Normalmente la nube si raffredderebbe, e si dividerebbe in frammenti formando le stelle, ma in questo caso la luce ultravioletta mantiene caldo il gas, impedendo la formazione stellare. Queste sono le condizioni necessarie alla formazione del buco nero primordiale: un collasso senza frammentazione».
Questo insieme di condizioni è strettamente legato al periodo storico che corrisponde all’Universo primordiale. Lo stesso processo non può avvenire nell’Universo vicino e recente.
«I quasar osservati nell’Universo primordiale assomigliano a bambini giganti in una sala parto piena di neonati normali», dice Loeb. «Viene da chiedersi: che cosa c’è di speciale nell’ambiente che ha permesso a questi bambini giganti di nascere? Di solito il serbatoio di gas freddo delle galassie vicine si consuma attraverso la formazione di stelle, proprio come accade nella Via Lattea.
«Il modello che abbiamo proposto insieme a Bromm suggerisce che le condizioni incontrate dalla prima generazione di galassie erano profondamente diverse: invece di formare molte stelle normali, queste galassie formavano un’unica stella supermassiccia al proprio centro, che ha finito per collassare diventando un buco nero».