Nonostante l’adozione dell’euro come moneta unica abbia raggiunto vent’anni di età – quasi ventuno, ad essere precisi – ancora oggi la questione dell’unione monetaria è più che mai centrale nel dibattito pubblico in Italia e all’estero. Il professore di economia politica Giorgio Rodano, in apertura del ciclo di interventi del seminario Venti anni di euro: una settimana per capire il passato e immaginare il futuro organizzato al dipartimento di Scienze sociali ed economiche dell’Università La Sapienza di Roma, ha voluto porre all’attenzione un quesito essenziale. Può l’euro essere considerata una moneta di successo? Per dare una risposta a una domanda tanto semplice, quanto difficile a cui rispondere obiettivamente, il prof. Rodano ha illustrato le diverse fasi che hanno visto l’euro particolarmente esposto all’opinione pubblica.
In un primo momento, nel periodo precedente alla sua adozione, l’euro è stato accolto con entusiasmo. “La moneta unica – spiega il professor Rodano – sembrava promettere grandi cose. Così grandi da giustificare anche importanti sacrifici, da parte di alcuni paesi, per rispettare i restringenti requisiti requisiti previsti dal trattato di Maastricht necessari per l’adesione all’unione monetaria.” In un secondo momento l’atteggiamento dell’opinione pubblica ha manifestato soddisfazione, nei primi anni successivi alla sua adozione. In una terza fase invece, dopo lo scoppio della cosiddetta Grande recessione verificatasi tra il 2007 e il 2013 l’euro è stato additato come la principale causa delle difficoltà economiche dei paesi che lo avevano adottato. Contesto che vedeva anche un crescente ascolto di coloro, personalità politiche ed economisti, critici nei confronti della moneta unica e che spingevano per una uscita unilaterale dall’unione monetaria e quindi per il suo smantellamento. Oggi, secondo Rodano, l’opinione nei confronti dell’euro è serena, ed è dominata da una rassegnata accettazione, anche a causa della consapevolezza di un percorso irto di ostacoli che prevederebbe una eventuale uscita unilaterale dalla moneta unica. Non è più considerata la causa di tutti i problemi. Quella dell’Unione europea è infatti soltanto uno degli esempi di unione monetaria che si sono verificate nel corso dei secoli. Un altro è quello del Regno d’Italia. Con l’unità d’Italia si sono unite tutte le monete presenti in precedenza sotto la lira. Un altro esempio di unione monetaria è quella avvenuta in Svizzera con l’unificazione delle monete di tutti i cantoni sotto il franco svizzero. In quasi tutti i casi l’ unione monetaria ha rappresentato un’imposizione da parte di un vincitore. L’euro invece è una moneta costruita sul consenso.
Quali sono i principali benefici dell’unione monetaria?
Attualmente l’ euro è adottato da 28 paesi. E ’ la seconda moneta più utilizzata al mondo. Paesi come Polonia e Svezia si sono candidati a entrare nell’euro ma non hanno i requisiti. Per alcuni paesi l’euro continua a essere un traguardo, a differenza di altri. Il primo dei benefici derivanti dall’adozione di una moneta unica è quello della riduzione dei costi di transazione. E’ infatti un grande vantaggio quello dell’abbattimento dell’ incertezza sui cambi valutari. Un secondo beneficio è quello della rimozione del vincolo esterno, che limita il range di scelta che un’impresa può effettuare. La centralizzazione delle riserve valutarie e la costruzione di un mercato unico costituiscono di vantaggi della moneta unica, la sua creazione comporta che tutti gli scambi che prima richiedevano lo scambio di moneta per essere effettuati ora non lo richiedono più. In sintesi, ad esempio, se volessimo acquistare una macchina tedesca non ci sarebbe più il bisogno di acquistare prima dei marchi tedeschi.
Resta però lo spread, ovvero il “rischio paese” relativo al rischio default di uno stato, misurato attraverso il differenziale del rendimento dei titoli di stato coi titoli di stato tedeschi.
Ma l’adozione dell’euro implica anche dei costi. Primo fra questi l’assenza della banca centrale italiana determina l’impossibilità a controllare la moneta e quindi il suo tasso di cambio. Quindi, la moneta non può essere svalutata, o meglio non può essere fatto “in casa”.
L’unione monetaria europea
Sulla questione del se l’unione monetaria europea possa essere considerata o meno una un’area valutaria ottimale bisogna prendere in considerazione i diversi requisiti che caratterizzano la AVO. Un primo requisito è che le economia devono essere omogenee. Ovvero presentare una stessa struttura e le stesse istituzioni. Devono essere quindi, sostanzialmente, paesi che si somigliano su diversi aspetti quali ad esempio tasso di disoccupazione e diritto, in modo tale che vedano la necessità di prendere le stesse decisioni di politica economica. Affinché questo avvenga le economie devono essere sufficientemente integrate. L’Europa invece omogenea non era, in quanto si può parlare di una eurozona a due velocità. Sarebbe stato possibile e vantaggioso, secondo il professor Rodano, realizzare una unione monetaria ristretta, che coinvolgesse solo alcune economie omogenee e integrate. L’unione monetaria è nata su iniziativa di Francia e Germania e le intenzioni iniziali erano quelle di creare un accordo limitato, che escludesse i paesi identificati sotto l’acronico di PIGS (Portogallo, Italia, Grecia, Spagna). Per escludere questi paesi Francia e Germania posero delle regole di adesione all’unione monetaria atte ad escluderli. Cinque requisiti, fra i quali la convergenza dell’inflazione, la convergenza dei tassi di interesse e la stabilità dei tassi di cambio. Ma per rendere le economia realmente omogenee e integrate gli obiettivi avrebbero dovuto essere altri.