Un anno senza Camilleri e ci piace tentare una riflessione non solo sull’uomo ma soprattutto sullo scrittore ed il suo apporto alla cultura italiana, così senza pretese come parlando con un amico immaginario cui cercare di spiegare perché non conosce.
Ecco, oggi, Montalbano chiederebbe al fido Augello, con il suo fare sardonico: “ma stai abbabbianno?” in quello slang siculo così realistico eppure così inventato. Fantasia che si unisce alla realtà in un connubio eccezionale e che si fa lingua, lessico e sintassi di vita.
Andrea come Calvino, si il primo parallelo che viene in mente è proprio questo; quanto sono stati diversi eppure quando li lega questo concetto di un’altra realtà che è essa stessa realtà e dove la prima diventa ossigeno per vivere seconda.
Camilleri e la Sicilia
La sicilia di Montalbano-Camilleri è terra viva eppure fantastica allo stesso tempo. I miti greci si fondono con la realtà più cruda e ci danno, ad anni e anni di distanza, una fotografia reale di quei posti. I personaggi sono pennellate che ricordano il miglior Guttuso, sole e mare che sono contraltare all’ombra dell’uomo che si allunga sui fatti di vita e li deforma con la sua azione a geometria variabile.
In un’amabile conversazione, che proprio ieri ci è capitato ripescare sui social, Camilleri s’intrattiene con un altro grande scrittore contemporaneo Carlo Lucarelli conversando di scrittura, dell’arte della scrittura con particolare riferimento al giallo; entrambi posizionati su quell’ottica rovesciata dove l’intento del romanziere non è quello di celare il colpevole fino all’ultimo rigo dell’ultima pagina quanto piuttosto partire dal delitto per fare il cammino a ritroso fra scene e personaggi che ruotano intorno allo stesso con descrizioni e movimenti che nulla lasciano alla fantasia ma diventano racconti di vita reale.
Un racconta-storie, Camilleri, che quasi ricorda i cantastorie medioevali che poi, a ben pensare, non facevano altro che mostrare uno di quelli che oggi chiameremmo storyboard dettagliato cui accoppiavano una mirabile capacità narrativa orale che poi è stata epigona di tutto lo sviluppo ed il tramandarsi della cultura.
Quello che resta di Camilleri e che non potrà mai cancellarsi è il suo modo di scrivere, di farsi pagina di un racconto di farsi cronista della storia che sta raccontando e far si che il lettore non la viva, leggendola, come qualcosa di artefatto ma una pagina di giornale cui attingere mano mano informazioni che gli permettono di comprendere e formare una propria idea.
Andrea non era interessato dalla ricerca del colpevole quanto piuttosto dall’individuazione delle dinamiche che, tutte insieme, erano concause di quello che si realizzava.
Una lezione di scrittura unica ed irripetibile.
Camilleri il saggio
Se rimarrà, come è vero che rimarrà, l’integrità da “vecchio” saggio promanata in ogni momento; parlando poco e scolpendo le sue parole ogni volta che faceva sentire la sua voce roca di fumo e pregna di quella sicilianità che da calore, è altrettanto vero che la sua impronta più indelebile è lì stampata nella nostra letteratura e in quella del mondo intero.
Ci manchi e ci mancherai sempre Andrea ma ti ritroveremo ogni volta che leggeremo, all’infinito, una pagina dei tuoi romanzi e ogni volta che mamma Rai ci riproporrà l’ennesima replica delle puntate predilette che tanto elevano quei palinsesti infarciti di trasmissioni inutili e personaggi trainanti carri nemmeno di partito ma, spesso, solo individuali nella deriva dei media tradizionali raffigurati dalle spartizioni manu militari che si è fatto del servizio pubblico radiotelevisivo. Viva le repliche di Montalbano sine die.
Ciao Andrea!