Un’agricoltura in sintonia con il clima, attenta alla sostenibilità delle risorse e meno vulnerabile all’impatto di cambiamenti climatici ed eventi meteorologici estremi, capace di mitigare le emissioni di gas serra e, allo stesso tempo, di tutelare il reddito degli agricoltori.
Su questo modello di agricoltura ‘smart’ si è dibattuto oggi pomeriggio a Expo 2015 nella sede di Padiglione Italia nel corso della conferenza ‘Climate Smart Agriculture: Agriculture in harmony with the climate and environment‘, evento promosso dall’Università di Trento in collaborazione con l’Istituto di Biometeorologia del Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR-IBIMET) e realizzato grazie al supporto della Provincia autonoma di Trento nell’ambito degli eventi di ‘Università per Expo 2015‘ con il patrocinio del Comitato scientifico di Expo 2015.
Una riflessione scientifica su un tema particolarmente urgente alla luce delle previsioni di incremento demografico stimato in nove miliardi di abitanti entro il 2050 che porterà ad un aumento di fabbisogno di cibo in quantità ma anche di qualità. Ma anche «una straordinaria occasione per la ricerca trentina – come ha sottolineato Sara Ferrari, assessora all’università e alla ricerca della Provincia autonoma di Trento – di confrontarsi con le competenze internazionali su un tema fondamentale per il mondo e certamente per un territorio agricolo come il Trentino.
La divulgazione delle sperimentazioni, dei risultati, delle innovazioni e del pensiero sul futuro dell’alimentazione è essenziale per promuovere uno sviluppo a responsabilità condivisa, di cui noi vogliamo fare parte». A introdurre i lavori, coordinati da Dino Zardi dell’Università di Trento e da Federica Rossi dell’Istituto di Biometeorologia del CNR, il saluto del rettore dell’Università di Trento, Paolo Collini che ha ricordato come a fronte di grandi cambiamenti come quelli a cui assistiamo, sul piano climatico, ma anche della produzione e della distribuzione delle risorse, sia cruciale giocare la carta della ricerca. «L’innovazione tecnologica, che è frutto dell’incontro virtuoso fra discipline diverse può dare risposte concrete ai problemi legati alla sostenibilità che le società occidentali, prime fra tutte devono affrontare.
Ma occorre anche creare consapevolezza, sensibilizzare i cittadini attorno a queste sfide locali e globali. È questo è possibile grazie a eventi come la conferenza di oggi o come il Festival della Meteorologia che la settimana prossima – il 16 e 17 ottobre a Rovereto – cercherà di parlare di scienza e di diffondere una cultura meteorologica di base nel grande pubblico, in modo rigoroso ma accessibile e coinvolgente». Al centro della conferenza di oggi, dunque, l’agricoltura – settore protagonista in un’Expo dedicata al tema ‘Nutrire il pianeta’ – che può svolgere un ruolo cruciale nella capacità della Terra di adattarsi ai cambiamenti climatici e che può anche avere effetti di mitigazione dell’impatto del clima sul territorio e sull’ambiente.
La sfida del futuro è dunque quella di promuoverne una versione moderna, attenta e consapevole. Un’agricoltura che sappia svolgere un ruolo di tutela e valorizzazione dell’ambiente, del territorio e della sua vivibilità. Ad esempio nelle città, dove l’utilizzo delle aree verdi può già mitigare l’effetto dell’isola di calore urbana che provoca escursione termica maggiore nelle aree urbane rispetto alle aree rurali e limitrofe. Oppure nelle aree agricole, con l’assimilazione del carbonio tramite fotosintesi: un processo naturale che può essere ulteriormente incentivato con la diffusione della frutticoltura e la selvicoltura. Grazie all’utilizzo della biomassa per fini energetici è possibile ad esempio riutilizzare il carbonio già presente in atmosfera.
Si evita così di impiegare combustibili fossili, che mettendo in circolo il carbonio fossilizzato aumentano le emissioni di CO2. Con una previsione di nove miliardi di abitanti entro il 2050: il continuo aumento della popolazione mondiale e l’incremento del fabbisogno di cibo richiedono un adeguato sviluppo delle produzioni agricole su scala globale e specialmente nelle aree sovrappopolate, non soltanto in termini di quantità, ma anche e soprattutto di qualità.
Il clima è uno dei fattori cruciali per lo sviluppo e il mantenimento di determinate colture. I cambiamenti climatici in atto a scala globale modificheranno non solo i regimi delle condizioni meteorologiche, ma anche la disponibilità di acqua, di suolo e gli ecosistemi. Questi cambiamenti richiedono un’attenta valutazione e diversificazione delle colture perché la carta vincente dell’agricoltura sarà proprio la capacità di adattamento. Produrre più cibo e gestire gli effetti del clima sull’agricoltura ma anche limitare l’impatto negativo della produzione agricola nella produzione di gas serra, come avviene ora, ad esempio, nella zootecnia.
Su questa sfida, nel corso della conferenza Emanuele Eccel della Fondazione Edmund Mach ha citato alcuni progetti portati avanti in Trentini che mirano al recupero degli scarti agricoli, dei reflui zootecnici e dei rifiuti solidi urbani per la produzione energetica (biometano soprattutto per la trazione di veicoli) nell’ottica della mitigazione, cioè della riduzione delle emissioni inquinanti e per la fertilizzazione del suolo seguendo tecniche di ‘agricoltura di precisione‘.
Harry Palmier del Global Forum on Agricultural Research ha poi ricordato l’impegno della Alliance for Climate Smart Agricolture, promossa dalle Nazioni Unite e portata avanti dalla FAO, per unire onlus, organizzazioni governative, università e centri di ricerca, ma anche mondo imprenditoriale e operatori dell’educazione nell’impegno per la promozione di un’agricoltura sostenibile, con l’obiettivo di trasformare le azioni collettive in strumenti di impatto globale a cominciare con la sensibilizzazione nei confronti dei comportamenti privati e delle politiche pubbliche.
Un processo che in Italia è già cominciato con alcune esperienze all’avanguardia: è il caso del Comune di Sasso Marconi che – come ha raccontato oggi il sindaco Stefano Mazzetti – ha avviato un percorso che porterà alla diffusione agli operatori del settore agricolo di buone pratiche con azioni climaticamente corrette. Daniel Zimmer del Climate KIC di Parigi ha poi citato alcune azioni – come finanziamenti, programmi di sviluppo e piani di supporto al lancio di start up innovative – messe in campo per far dialogare il mondo dell’educazione, quello della ricerca e quello imprenditoriale e produttivo attorno a grandi sfide per mettere a frutto le diverse competenze al servizio dello sviluppo di soluzioni innovative.
«Promuovere la sicurezza alimentare ora e in un’ottica futura significa produrre non solo nella giusta misura, ma anche nel modo giusto. Adattarsi ai cambiamenti climatici significa aumentare la capacità delle persone e dei sistemi di produzione di essere sostenibili. La buona notizia – ha spiegato Madeleine van Mansfeld dell’Alterra Wageningen University and Research (The Netherland) – è che le soluzioni tecnologiche e innovative già esistono e sono già piuttosto diffuse. Quello che occorre ancora è rafforzare il collegamento tra gli sviluppatori di queste tecnologie e gli utilizzatori, non solo i contadini, ma anche i dettaglianti, i consumatori per lavorare meglio insieme nell’ottimizzazione delle risorse, nella riduzione del rischio derivante dalle variazioni climatiche, nell’allocazione intelligente del risorse».
In chiusura, Jaakko Helminen della University of Eastern Finland (Developing Holistic Local Climate Services for Agriculture) che ha proposto una riflessione sulla necessità di adottare un approccio olistico nel supporto all’agricoltura, che comprenda anche l’attenzione alla formazione, all’educazione delle nuove generazioni, sempre orientata alla sostenibilità.