(Adnkronos) – La Lega di Matteo Salvini, che collabora nel gruppo Id con Alternative fuer Deutschland e con il Rassemblement National di Marine Le Pen, “non appartiene al centrodestra democratico”. Diverso il discorso per Giorgia Meloni, il cui governo fa una politica “moderata”, anche se l’Ecr, il partito dei Conservatori presieduto dalla premier italiana, vede ancora in posizione preminente il Pis polacco, che ha un atteggiamento tutt’altro che amichevole verso l’Ue e i principi dello Stato di diritto, pertanto è decisamente “troppo presto” per parlare di eventuali alleanze. A dirlo all’Adnkronos è Elmar Brok, esponente della Cdu tedesca, architrave del Ppe, già eurodeputato di lunghissimo corso e presidente della commissione Afet.
Brok fa una netta distinzione tra le due destre europee, il gruppo Identità e Democrazia presieduto dalla Lega e l’Ecr copresieduto da Fratelli d’Italia e dal Pis polacco. La chiusura verso l’appello di Salvini all’unità del centrodestra in Europa è totale: “Il centrodestra democratico dovrebbe stare unito, non gli altri”, replica. E la Lega ne fa parte? “La Lega – risponde – collabora con AfD, con la signora Le Pen e con gli altri, quindi non appartiene al centrodestra democratico”.
E’ un discorso che riguarda tutta la Lega, o solo il suo leader, dato che non è un mistero che diversi dirigenti leghisti di primo piano hanno idee diverse sulla collocazione del partito a livello europeo? “Dovranno prendere delle decisioni, un giorno”, sospira. Vuole dire che dovrebbero sfidare la linea del segretario pubblicamente? “Non darei mai consigli, ma devono decidersi”, risponde.
Su Meloni Brok fa un ragionamento diverso: le porte non sono chiuse, come nei confronti della Lega di Salvini, ma non sono neppure del tutto aperte. La premier viene da un partito le cui radici affondano nella storia dell’estrema destra italiana, ma il suo governo finora sulle scelte che contano, come in politica economica, sembra fare scelte sostanzialmente allineate con Bruxelles: “Non mi sono ancora fatto un’idea definitiva – risponde – viene da un partito dell’estrema destra, per quanto riguarda la propaganda”, ma “in termini pratici” le politiche messe in campo sono più pragmatiche.
Il Ppe ha tre linee rosse, quando dialoga con i partiti alla sua destra, conferma Brok: si parla con chi è a favore dell’Ue, a favore dello Stato di diritto, e, in politica estera, pro Ucraina e pro Nato. Meloni è decisamente pro Ucraina e pro Nato: “Sì”, conviene il politico tedesco. Del resto, osserva, nell’estrema destra italiana “non sono mai stati antiamericani”. Tuttavia, l’Ecr per i Popolari pone tuttora dei problemi: “Ci sono i nostri amici polacchi” di Piattaforma Civica, ricorda, e “il Pis non è molto amichevole, né verso l’Ue né verso lo Stato di diritto”. Pertanto, spiega, “non c’è ragione per una coalizione, né ci sono motivi perché facciano parte del Ppe”. Anche perché, sull’eventuale ingresso di un altro partito polacco, “è Donald Tusk che decide”.
Giorgia Meloni, ricorda Brok, “è presidente del partito Ecr: devono decidersi. Non vedo ancora una coalizione. Non vedo come possa essere possibile” una coalizione tra Ppe ed Ecr, almeno “finché il partito di Jaroslaw Kaczinsky” avrà un ruolo prominente all’interno dell’Ecr. Mentre il Pis polacco per il Ppe è decisamente un brutto cliente, perché, pur essendo pro Ucraina e pro Nato, è problematico sia per quanto riguarda i rapporti con l’Ue che per l’atteggiamento sullo Stato di diritto, Fratelli d’Italia è sostanzialmente ancora sub judice: “Penso – dice Brok – che la politica del governo italiano sia piuttosto moderata, ma per quello che riguarda il partito e il suo passato, ho ancora qualche riluttanza”.
Insomma, secondo Brok “è ancora troppo presto per dire come si svilupperà in futuro” il rapporto tra il Ppe e l’Ecr, e, all’interno di quest’ultimo, con Fdi.
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