(Adnkronos) – La decisione di Pyongyang di inviare migliaia soldati nordcoreani in Russia sarà un test, come mai prima d’ora, per i rapporti tra Pyongyang e la Cina. Che, almeno finora, non ha mai condannato esplicitamente l’invasione russa dell’Ucraina, ha intensificato i rapporti commerciali e diplomatici con Mosca e ha cercato di presentarsi come forza di pace, sempre in contrapposizione con gli Stati Uniti.
Mentre Xi Jinping vede Vladimir Putin, Duda è a Seul da Yoon Suk Yeol e truppe di Kim Jong Un sono in Russia, al centro dei colloqui da una capitale all’altra resta il conflitto in Ucraina. Qui, è convinto Putin, è “illusorio” immaginare una sconfitta della Russia.
“No all’escalation” e “niente benzina sul fuoco”, ha intanto detto il leader cinese, che quest’anno ha celebrato con la Corea del Nord i 75 anni di relazioni diplomatiche. Il Dragone potrebbe non sapere come fare per controllare l’impegno nordcoreano a sostegno del Cremlino, dice Victor D. Cha, docente alla Georgetown University, esperto di Corea del Center for Strategic and International Studies di Washington, citato dal New York Times.
“In questo la Cina è tra la paralisi e l’incompetenza – osserva – Sostengono indirettamente gli sforzi della Russia nella guerra, ma non possono essere felici del ruolo della Corea del Nord”. E “per loro non c’è nulla di buono in tutto questo”.
Anche perché c’è già chi si chiede se Pechino non sapesse dei piani di Pyongyang. E il pensiero torna al febbraio 2022, all’incontro tra Xi e Putin poco prima dell’avvio di quella che il Cremlino ha annunciato come “operazione militare speciale” in Ucraina.
Passati più di due anni c’è la prospettiva di forze di un alleato del gigante asiatico che combattono contro forze sostenute dall’Occidente. E dicono gli analisti, come scrive il New York Times, a Pechino potrebbe esserci anche un altro timore.
Riguarda gli scambi di tecnologia militare tra Russia e Corea del Nord – legate ancor più dall’accordo di mutua difesa dello scorso giugno, ratificato proprio oggi all’unanimità dalla Duma di Stato – in cambio del dispiegamento di truppe.
Uno sviluppo che potrebbe rafforzare la Corea del Nord, con una spinta verso azioni più aggressive nei confronti di Corea del Sud e Giappone (protagonisti dello storico accordo dello scorso anno a Camp David), e allo stesso tempo ridurre le capacità di influenza del Dragone sul Paese eremita, nonostante la dipendenza da aiuti e commercio.
Fuori da ogni analisi e informazione d’intelligence, il leader bielorusso Lukashenko – sostenitore di Putin e della sua “operazione militare speciale” – ha in prima battuta definito “spazzatura” le notizie di truppe nordcoreane dispiegate a sostegno della campagna militare russa in Ucraina, già bollate nei giorni scorsi come fake news dal Cremlino.
Lo ha fatto dopo che Usa e Nato hanno confermato di avere prove di quanto denunciato da Seul, secondo cui 3.000 truppe nordcoreane sono già in Russia. Alla Bbc il leader bielorusso ha detto ieri che “sarebbe un passo verso l’escalation del conflitto se le Forze Armate, di qualsiasi Paese, anche della Bielorussia”, fossero sulla linea di contatto”.
Intanto, per la prima volta, Seul pensa di inviare armi a Kiev. Ha chiesto il “ritiro immediato delle truppe nordcoreane”. Considerate, come ha detto il ministro sudcoreano della Difesa, Kim Yong-hyun, “semplici mercenari, carne da cannone”.
E il presidente sudcoreano Yoon, che stamani ha ricevuto Duda (Corea del Sud e Polonia sono determinate a portare avanti la cooperazione nell’industria della difesa), ha sottolineato come i due Paesi “convengano sul fatto che il dispiegamento di truppe della Corea del Nord in Russia costituisce una provocazione che minaccia la sicurezza globale”. In Parlamento il capo della diplomazia di Seul, Cho Tae-yul, ha confermato: “Consideriamo tutte le opzioni”.
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