(Adnkronos) – Il ‘Piano per la vittoria’ presentato da Volodymyr Zelensky a Kiev e poi a Bruxelles incontra una lunga serie di “no”, alcuni espliciti ed altri sottintesi. Il cancelliere tedesco Olaf Scholz ne ha respinto i punti chiave perché teme un’escalation e che la guerra tra Russia e Ucraina si trasformi in una guerra tra Russia e Nato, e ha inoltre respinto ancora una volta la consegna di missili da crociera a lungo raggio Taurus. Il premier ungherese Viktor Orban ha dichiarato di non sostenerlo perché “non è vantaggioso per l’Ungheria”. Per il premier slovacco Robert Fico, il Piano ucraino “rischia di scatenare la terza guerra mondiale”.
Gli Stati Uniti non si sbilanciano. John Kirby, portavoce dell’amministrazione del presidente Joe Biden, glissa dicendo che “stiamo ancora analizzando il piano nei dettagli”. La Casa Bianca intanto fa sapere che all’interno della Nato non c’è unanimità circa l’invito di Kiev nell’Alleanza, e il segretario generale Mark Rutte ha rifiutato di esprimere la propria posizione sul piano di Zelensky. Insomma, il presidente ucraino potrebbe doversi rassegnare all’idea che alcuni dei ‘5 punti’ rimangano incompiuti, e ora non resta che chiedersi quale futuro attende Kiev nel conflitto con la Russia.
Il primo punto del piano di Zelensky prevedeva l’invito di Kiev nella Nato, una mossa attesa almeno dal settembre 2022, quando fu inviata richiesta ufficiale all’Alleanza. Sebbene Rutte abbia appena definito l’ingresso “irreversibile”, è risaputo che l’Alleanza non voglia – e non possa – invitare Kiev finché la guerra è in corso. Un possibile compromesso è suggerito dall’ex segretario generale Jens Stoltenberg sul modello dell’ex Germania Ovest: ammissione nella Nato solo di quelle parti del Paese su cui Kiev esercita un controllo completo.
Come si potrebbe tracciare una linea di demarcazione chiara? Anche Kharkiv, la seconda città dell’Ucraina, è completamente libera, ma gli attacchi missilistici russi sono quasi quotidiani. Zaporizhzhia, a 50 km dal fronte, continua a essere bersaglio dei bombardamenti russi. Insomma, un vero “muro” non esiste: persino Leopoli, nell’Ucraina occidentale, a meno di 100 km dalla Polonia e dal confine della Nato, è ancora bombardata dalla Russia.
Zelensky ha chiesto anche l’invio di armi senza restrizioni al loro utilizzo contro obiettivi in territorio russo. Il timore per molti alleati di Kiev sarebbe tuttavia quello di superare le “linee rosse” di Putin: “Non significherà altro che una partecipazione diretta alla guerra in Ucraina”, ha avvertito il presidente russo, minacciando una risposta nucleare. L’Ucraina considera la possibilità di utilizzare missili a lungo raggio dietro le linee nemiche come una potenziale svolta, che le consentirebbe di colpire basi aeree, depositi di rifornimento e centri di comunicazione a centinaia di chilometri oltre il confine.
Con l’inverno che potrebbe rallentare l’avanzata di terra, le capacità di attacco aereo a lungo raggio faranno la differenza e Kiev vuole tornare all’offensiva per compensare la carenza di personale militare e per proteggere le sue infrastrutture energetiche gravemente danneggiate. “Andiamo incontro ad un inverno molto difficile per l’Ucraina”, ha detto Biden durante il viaggio in Germania.
Donald Trump è convinto che Putin non avrebbe mai invaso il Paese con lui alla presidenza, e ha spesso affermato che potrebbe porre fine alla guerra in un giorno portando l’Ucraina al tavolo dei negoziati. Inoltre, il tycoon ritiene che il responsabile del conflitto sia Zelensky e non Putin, una posizione che renderebbe senz’altro complessi i rapporti Kiev-Washington se Trump fosse rieletto presidente.
L’elezione di Kamala Harris darebbe invece continuità a quanto fatto dall’amministrazione Biden. Il sito web della campagna elettorale della candidata democratica la definisce una “diplomatica instancabile ed efficace sulla scena mondiale”, e promette che si opporrà ai dittatori.
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