È Corinna Gosmaro (Savigliano 1987) l’artista scelta dal curatore Alessandro Demma per aprire in occasione della Giornata del Contemporaneo AMACI, la serie delle Project Room nell’ambito dell’esposizione e collezione permanente alla Castiglia di Saluzzo (piazza Castello 1; piano terra; inaugurazione ore 11).
Con questa iniziativa, realizzata nell’ambito del progetto “Saluzzo Contemporanea” in collaborazione con il Comune di Saluzzo, l’IGAV – Istituto Garuzzo per le Arti Visive da quest’anno si apre a nuove prospettive legate alla giovane arte del territorio e al confronto con la scena internazionale.
All’interno delle sale dell’Esposizione e Collezione permanente è stato dedicato uno spazio ai giovani artisti under 35, un’integrazione che aumenta le possibilità di interagire col territorio e di aumentare gli scambi e le interazioni culturali. La Project Room diventa, così, un luogo di riflessione per continuare il percorso dell’IGAV nei sentieri della giovane arte, un territorio teorico-espositivo dedicato alle sperimentazioni più attuali che segnano le nuove prospettive e le nuove frontiere del sistema dell’arte.
Corinna Gosmaro (Savigliano 1987). Il colore è il movente essenziale nelle opere di Corinna Gosmaro, la superficie progettuale e processuale di un pensiero che si fa forma e sostanza. Riflessione teorica e creazione visiva s’intrecciano in uno spazio che non è rappresentazione della realtà, non si separa dalla vita ma è esso stesso realtà, spazio totale di riflessioni e di tracce dell’esistenza, un “universo policromatico” da esplorare. L’artista lavora sul significato fondamentale della stratificazione della materia e della memoria, sulla sovrapposizione del tempo e dello spazio nella “produzione” dell’opera. Nella sua più recente produzione i filtri di poliestere diventano supporto e al contempo materia essenziale dell’opera, superfici che si accumulano per costruire la storia dell’opera.
“Uahed! Uahed!” è un suono, un ricordo puro che, come una cantilena, fa il giro intorno ad un orecchio infantile,scatenando un viaggio che ripercorre all’indietro nel tempo, un inventario di effetti ottici e di momenti appartenenti alla memoria e che, infine, approda in uno squarcio paesaggistico, una ”immagine di prima mente”, che il poeta Giuseppe Ungaretti ha della sua infanzia: il deserto di Alessandria D’Egitto, dove il tempo e l’infinito sono scanditi dalle voci dei guardiani notturni ai margini del deserto che gridavano “Uahed! Uahed!”.
La proiezione poetica nel deserto di Ungaretti diventa scena per un grande Baggages, scultura in filtro di poliestere, che nasce proprio da questa riflessione sui concetti di conoscenza e di memoria.?Come un ospite inatteso, l’essere umano non può sottrarsi dal portare con sé un vero e proprio bagaglio costituito da un insieme di cose, fisiche e mentali, da modi di pensare e, soprattutto, da un patrimonio culturale che risulta spesso essere invasivo quanto necessario.?In questo scenario mentale l’inconsistenza e la leggerezza della sabbia trasformano continuamente il paesaggio, mescolando le esperienze e producendo nuovi significati, facendo emergere “carcasse” e offuscando ricordi ed emozioni. Un “bagaglio” in continuo mutamento, sempre ancorato a chi lo genera, che si sposta in uno scenario infinito dove la solitudine di ogni esistenza diventa immaginazione, percezione, libertà di intendere, tracce d’esistenza.