Un gruppo internazionale di astronomi guidato da Cécile Favre dell’Istituto nazionale di astrofisica (Inaf) ha individuato per la prima volta, grazie alle osservazioni di Alma (Atacama Large Millimeter Array), la presenza di acido formico – formula chimica: HCOOH – nel disco protoplanetario che circonda una stella simile al Sole: Tw Hydrae, a 190 anni luce da noi. L’acido formico, il cui nome deriva dalla sua abbondante presenza nelle formiche terrestri, è l’acido più semplice esistente.
«L’acido formico contiene un gruppo carbossilico (-COOH), che costituisce la base per la sintesi di carbossilici più complessi e aminoacidi, che possono essere considerati i “mattoni della vita“ sulla Terra», spiega Favre, prima autrice dell’articolo che descrive la scoperta, pubblicato oggi sulla rivista The Astrophysical Journal Letters. Più precisamente, questa specie chimica è coinvolta nel processo chimico che porta alla formazione della glicina, il più semplice aminoacido, e la base di molte proteine.
La formazione dei pianeti e l’origine della vita sono tra le domande più intriganti che gli uomini si pongono. Al momento, si ritiene che la fase cruciale della formazione planetaria avvenga all’interno dei cosiddetti dischi protoplanetari, in analogia a quanto sarebbe accaduto per il nostro Sistema solare. Di fatto, la composizione chimica di questi dischi influisce sulle proprietà dei pianeti in formazione, sulle loro atmosfere primitive e sulla composizione di comete ed asteroidi. E proprio il bombardamento sulla Terra primitiva di comete e gli asteroidi, potrebbe aver reso possibile l’insorgere della vita sul nostro pianeta, poiché questi corpi celesti erano ricchi di molecole prebiotiche probabilmente già presenti nel disco protoplanetario del Sole.
La scoperta di tracce di acido formico attorno alla stella di tipo solare TW Hydrae dimostra che un ingrediente cruciale per tutti gli organismi viventi sulla Terra si trova in un disco protoplanetario analogo alla nebulosa da cui si è formato il Sistema solare. «In altre parole, studiando oggetti simili al progenitore del Sistema solare, possiamo dedurre importanti informazioni su quando è avvenuto lo sbocciare delle specie prebiotiche», conclude Claudio Codella, co-autore dello studio e collega di Favre presso l’Inaf di Arcetri.