Un passato scomodo
Tutto ciò che siamo stati di Olimpia De Girolamo edito da Capelli Editore, è un viaggio nell’anima, una strada che la protagonista deve percorrere a ritroso per procedere verso un saldo e rincuorante futuro.
Un ritorno nella città natale, dopo tanti anni di assenza. Anna vive lontana da Napoli, vi fa ritorno di malavoglia per cercare il padre, scomparso da due mesi. Ma la ricerca di Anna si trasforma presto in un viaggio a ritroso nel tempo che la porta a scoprire o a recuperare tutto ciò che si è lasciata alle spalle, anche i ricordi di bambina.
Quella di Anna non è stata un’infanzia felice, non è stata protetta dagli adulti e le sue ferite di bambina continuano a fare breccia nel suo cuore e tornare sempre più vivide e dolorose, fino a quando la protagonista non realizza che nessuno la può salvare dai suoi tormenti se non se stessa.
Sulle tracce del padre, Anna, accompagna il lettore in luoghi simbolo di Napoli, mete di turisti, ma pregni di misteri e ancestrali legami come quelli che si respirano nella chiesa di Santa Maria delle anime del Purgatorio ad Arco.
La profonda analisi psicologica dona alla storia quel tenebroso alone di noir che unito ai fatti avvincenti in cui si imbatte Anna, restituisce al lettore una storia appassionante e coinvolgente.
Il testo inoltre è ricco di dialoghi in dialetto napoletano che rendono viva e palpitante la narrazione.
Olimpia De Girolamo nasce a Napoli dove cresce e si laurea in filosofia con indirizzo storico politico presso l’università degli Studi Federico II. Approfondisce i suoi studi in linguaggi cinematografici, continua la formazione da attrice tra Napoli, Roma, Torino e Milano fino ad approdare all’Agorà Teatro di Magliaso nel 2014 di cui diventa co-direttrice artistica, formatrice e responsabile delle ultime rassegne annuali. Si occupa di laboratori scolastici teatrali per evidenziarne la valenza didattica e insegna italiano nella scuola media. Con la sua prima opera teatrale “La Mar” è finalista al Premio Donne e Teatro a Roma nel 2017 (testo pubblicato per Borgia Editore e presente nella biblioteca virtuale del Teatro-i) e vince il Premio Fersen a Milano nel 2018. Nel 2021 vince il Premio Open Net delle Giornate Letterarie di Soletta con il racconto “Il primo scalino: l’assalto del passato” che diventerà il romanzo “Tutto ciò che siamo stati”.
Tutto ciò che siamo stati di Olimpia De Girolamo
Per Cinquecolonne Magazine, Olimpia De Girolamo racconta alcuni aspetti salienti del carattere di Anna e delle vicenda che la coinvolgono.
Nel suo romanzo la protagonista, Anna, è costretta a tornare nella sua città natale e rivivere un passato che si era lasciata alle spalle. Cos’è di quel passato che Anna proprio non riesce a mandare giù?
Il passato per Anna è un recupero, una raccolta di frammenti da montare e da spolverare, da rimettere assieme con pazienze lucidità, quella che solo una persona ormai diventata adulta può avere. Il passato rappresenta il discrimine tra verità e invenzione, la chiave per reinterpretare non solo la propria storia ma quella della sua intera famiglia, di un quartiere, di un pullulare di persone di cui aveva sempre e solo osservato il comportamento senza riuscire a leggerne in profondità le motivazioni che spingevano a quei comportamenti che erano spesso dettate dalla mancanza: di sapere, di umanità, di educazione alla sensibilità.
In Tutto ciò che siamo stati, Anna, alla fine del romanzo subisce un cambiamento, la sua è una sorta di rinascita. C’è un messaggio che vuole comunicare ai lettori attraverso la storia della sua eroina?
Ammiro Anna, soprattutto quando ammette le sue fragilità, quando riconosce a se stessa di essere stata una bambina sola e dimenticata che aveva dovuto fare un enorme lavoro da sola per crescere e raggiungere dei traguardi culturali che le avevano permesso di manifestare la sua vera natura. Anna ci dice che abbiamo il dovere morale di ricostruire chi siamo ma di rinascere, di non morire prima del tempo, di continuare a risorgere oltre ogni piccola morte quotidiana. Credo che la necessità che mi spinga a scrivere stia tutta nel desiderio di comunicare e condividere questi contenuti in cui, poi, ciascuno, è libero di riconoscersi o meno.
Per la creazione della sua protagonista a cosa si è ispirata? Non so, ha attinto dalla realtà, è il suo alter ego, ha tratto spunto da un libro?
Personaggi femminili di calibro e di spessore in letteratura sono moltissimi. Amo la scrittura della Némirovsky e della Kristof, ma anche la Ramondino, la Ferrante, la Morante, lo stesso Rea, Malaparte, tutto mi ha spinto verso una letteratura scarna e carnale. Non ho tratto uno spunto preciso, ma ho seguito le orme dei padri putativi che ciascuno sceglie nel proprio cammino di lettore.
Ci racconta che Napoli dipinge nel suo romanzo e perché?
Volevo raccontare una Napoli poco abusata, ma alla fine non è stato difficile, non ho dovuto pensarci troppo o stabilirlo a tavolino. Ho semplicemente seguito le orme di questa donna e lei mi portava sotto terra, mi portava verso la morte e la resurrezione. La Napoli nascosta, avvolta in negromantiche visioni e nella polvere di tunnel di tufo, mi ha rapita mentre scrivevo e comprendevo che era necessario allo sviluppo della protagonista e di tutti i personaggi affondare in quegli anfratti di buio e mistero.
Come definisce il genere di “Tutto ciò che siamo stati”? Un giallo, un noir, un giallo psicologico?
Non lo definisco. Faccio fatica a dargli un’etichetta, forse perché non ne sento la necessità. Si tratta di letteratura di formazione? Forse. Non lo so. So che la letteratura è fatta di misteri da svelare e di domande che non trovano risposte univoche. Lascio a chi mi leggerà la necessità o meno di incasellare questa storia in una definizione precisa. In fondo, la vita, non possiamo incasellarla sempre.