“Abbiamo iniziato il Consiglio europeo esprimendo la nostra solidarietà con la Turchia e condannando l’attentato terroristico di Ankara che ha impedito al primo ministro Davutoglu di essere oggi a Bruxelles”.
Donald Tusk, presidente del Consiglio europeo, ha iniziato con queste parole il punto stampa che ha concluso stanotte la prima giornata di negoziati al palazzo Justus Lipsius di Bruxelles. Due i temi in agenda: migranti e Brexit. Sul primo punto i 28 leader hanno approvato le “Conclusioni” formali, segno che la discussione sul tema è sostanzialmente terminata, rimandando al vertice di fine marzo ulteriori decisioni.
L’incontro con il premier turco sarebbe stato utile per chiarire l’accordo con Ankara (sostegno finanziario da 3 miliardi di euro in cambio di accoglienza ai profughi siriani), ma restano in sospeso varie questioni: i 160mila ricollocamenti da Italia e Grecia; il funzionamento di Schengen (l’Austria si è trovata isolata sulle “quote” da 80 ingressi al giorno, essendo al di fuori dei trattati), gli hotspot da realizzare in Italia e Grecia per il riconoscimento dei migranti in arrivo; il rimpatrio di chi non può avere accesso al diritto d’asilo; la revisione (sostenuta da pochi Stati, eppure sul tavolo, delle regole di Dublino).
Le divisioni tra i governi sulla materia-migrazioni sono apparse palesi, con Germania e Italia attestate su un’accoglienza concreta benché regolata e “solidale” e vari Stati – soprattutto dell’est europeo – decisi a tener chiuse le frontiere e a non accettare ricollocamenti. Tusk ha affermato: “Siamo tutti d’accordo che il nostro piano d’azione congiunto con la Turchia rimane una priorità, e dobbiamo fare tutto il possibile perché abbia successo” A inizio marzo ci sarà un nuovo vertice con la Turchia.
“Non possono esistere piani A, B o C – ha detto Tusk – sulle migrazioni. Non vanno create divisioni all’interno dell’Ue. Dobbiamo fare sintesi e applicare le decisioni che vengono assunte qui a Bruxelles. Serve una strategia unica europea”. Qui Tusk ha chiamato in causa gli Stati che non applicano le decisioni comuni e che erigono muri verso i profughi. “Bisogna rispettare le regole e le leggi che tutti noi abbiamo adottato insieme. Ciò riguarda sia le decisioni in materia di delocalizzazione, nonché la necessità di ottenere gradualmente il ritorno a una situazione in cui tutti i membri dello spazio Schengen applicano pienamente il codice frontiere di Schengen”.