Il turismo in Italia è un’importante leva economica. La consapevolezza cresce sempre di più leggendo i numeri secondo i quali l’Italia sarebbe il secondo Paese più visitato al mondo. Un trend che va cavalcato promuovendo nuovi servizi che parlano ai giovani. E’ questo lo spirito da cui ha preso le mosse la nuova campagna di promozione turistica del ministero del Turismo. Una campagna che, neanche a dirlo, ha avuto molti consensi ma anche tantissime critiche, una su tutte proprio in casa.
La Venere di Botticelli nuovo simbolo dell’Italia
Occhi chiari, capelli biondi lunghi al vento: la Venere che sorge dalle acque, dipinta da Sandro Botticelli, è un simbolo della nostra arte. Trasferita negli anni dalla tela a tazze, magliette e gadget di ogni tipo, portarla nel mondo digitale oggi è stato un attimo. Ed ecco che arriva la Venere digital influencer che, con tanto di jeans, ci porta alla scoperta delle nostre bellezze pedalando in bicicletta, mangiando una pizza, scattandosi un selfie di tanto in tanto. La Venere è il punto forte di una campagna di rebranding del ministero che con l’occasione ha ridisegnato il suo logo (una finestra che si spalanca con i colori della nostra bandiera) e trovato un nuovo claim: “Open to meraviglia”. Il progetto continua sul sito web Italia.it e sul profilo Instagram venereitalia23. La campagna, come ha spiegato la stessa ministra del Turismo, Daniela Santanchè, vuole essere uno strumento per vendere il nostro Paese al meglio sui mercati turistici internazionali consolidati ed emergenti.
La Venere delle polemiche
Oltre a ricevere il plauso degli operatori del settore turistico, la campagna ha fatto il pieno di critiche. A mettere in azione la macchina (è proprio il caso di dirlo) è stato Massimiliano Milic. Il regista della Terroir Films, ha fatto notare che nel video promozionale sono contenuti immagini e un breve video disponibili a pagamento sui siti stock di immagini; il video sarebbe addirittura girato in Slovenia. Un autogol per una campagna costata 9 milioni di euro. Un no bello grosso era già arrivato da Vittorio Sgarbi, sottosegretario alla cultura, che aveva archiviato l’operazione come “una cosa da Ferragni”. Molti altri commentatori hanno definito l’intera operazione come banale e stereotipata. A condire il tutto ci hanno pensato i social invasi in pochi giorni da una pioggia di meme.
Turismo in Italia: quale idea
L’intento della campagna di modernizzare la comunicazione turistica avvicinandosi maggiormente ai giovani è comprensibile. L’idea di dover vendere meglio un patrimonio artistico invidiato in tutto il mondo un po’ meno. Riproporre la pizza, il selfie davanti al monumento sa tanto di banalità e stereotipo ma forse è ciò che si vende meglio. L’operazione di rebranding del turismo italiano spinge a guardare alle bellezze del nostro Paese, ad aprirci alla meraviglia, o meglio a open to meraviglia. Ma non dovevamo parlare in italiano?
In copertina foto di Gerhard Bögner da Pixabay