Alcuni giorni fa il New York Times ha pubblicato questa notizia: dal 2011 la NSA sta raccogliendo dalla rete milioni di fotografie di persone per procedere alla creazione di un archivio utile al riconoscimento facciale nelle operazioni di sorveglianza globale. Che cos’è l’NSA? La National Security Agency si occupa della sicurezza nazionale insieme alla CIA e all’FBI. Nello specifico l’NSA monitora il territorio statunitense per prevenire ogni eventuale minaccia.
Le fonti del New York Times sono alcuni documenti di Edward J. Snowden, l’ex impiegato della CIA e talpa del datagate. Questo tipo di attività dell’NSA sarebbe in crescita negli ultimi anni. Sotto la lente di ingrandimento finirebbero foto contenute nelle e-mail, nei messaggi di testo, nei social media e nelle video conferenze. Il software si chiama Tundra Freeze, e farebbe sue milioni di foto al giorno, tra le quali almeno 55mila primi piani di alta qualità.
Dire chi, quando e dove è stato già catturato dall’occhio dell’intelligence non è possibile. Si è parlato, quasi subito, di privacy. Alessandro Acquisiti, ricercatore di tecnologie per il riconoscimento facciale alla Carnegie Mellon University, ha sottolineato la possibilità che una pratica simile possa rivelarsi molto invasiva. Ma la questione è delicata: per raccogliere e salvare le foto che si trovano già su Internet, l’agenzia non avrebbe bisogno di informare o chiedere permessi ai fornitori dei servizi.
L’NSA ha replicato alla notizia, senza negarla. La portavoce dell’agenzia, Vanee M. Vines, ha detto :«Non faremmo il nostro lavoro, se non cercassimo continuamente di migliorare la precisione del nostro operato». L’NSA ha detto di non utilizzare le fotografie al di fuori degli scopi legati alla sicurezza, ovvero prevenzione di atti terroristici e minacce globali. Intanto il caso resta al centro di una disputa, dal momento che non esiste, negli Stati Uniti, una legge che disciplini dettagliatamente casi di riconoscimento facciale come questi.
Oltre la privacy, tuttavia, si delineano scenari nuovi. I recenti sviluppi della tecnologia lasciano pensare ad un utilizzo superfluo delle impronte digitali. Inoltre, il caso non è inedito. Alcuni mesi fa il Guardian, citando documenti riservati, ha pubblicato una notizia secondo la quale la GCHQ, l’Agenzia di sorveglianza britannica, avrebbe segretamente raccolto e catalogato immagini webcam di milioni di utenti delle chat Yahoo tra il 2008 e il 2010. E naturalmente, a loro insaputa.
L’ipotesi di comparare le fotografie acquisite dai satelliti con quelle contenute in archivio, individuando così la localizzazione dei diretti interessati, sembra essere sempre meno remota. L’idea non vi piace? Prima di pubblicare il prossimo selfie, pensateci.