Secondo i dati elaborati, l’Italia guadagna il podio dei Paesi Europei con indice di corruzione più alto. Nella classifica generale si colloca al 69° posto con dati identici al 2011 e al 2013, raggiunta da Bulgaria e Grecia che hanno migliorato la loro posizione. Il Nostro Paese, con i suoi 43 punti ( dove 0 punti rappresentano corruzione zero e 100 punti corruzione al massimo) alla stregua dell’ultimo della classe travestito da secchione, viene superata da Africa e Kuwait in 67esima posizione e seguita da Montenegro e dall’isola africana di Sao Tomé in 76esima posizione.
In vetta alla classifica Danimarca, Finlandia e Svezia con rispettivamente 92, 89 e 87 punti. In fondo Nord Corea e Somalia. La media generica che viene fuori dall’analisi ci dimostra come la maggior parte dei Paesi, il 69%, si attesti su un punteggio inferiore a 50, dati non propriamente soddisfacenti, eccetto per l’Europa, dove solo il 18% delle nazioni non raggiunge la sufficienza, la media del punteggio europeo, infatti, è di 64 punti su 100.
Il CPI è calcolato in base ai dati elaborati da 12 diverse fonti di 11 istituzioni internazionali incaricate di registrare la percezione della corruzione del settore pubblico degli ultimi due anni.
L’Italia non è calata, si attesta con gli stessi dati del 2011, ma cosa ha stoppato la caduta?
Un’ipotesi potrebbe essere rappresentata da alcuni eventi che si sono verificati in concomitanza con il rallentamento della curva decrescente.
Il varo della legge Severino in tema di corruzione, l’attribuzione di nuovi poteri all’Autorità Garante ad opera del recente Governo Renzi potrebbero aver contribuito a far si che l’Italia non acquisisse meno punti in classifica, tuttavia, non hanno migliorato la situazione.
Nelle orecchie delle istituzioni internazionali, rumoreggiano ancora gli applausi ironici di chi ha dovuto assistere allo scandalistico spettacolo messo in onda ad opera del Mose e dell’Expo. Chi guarda il Paese, ne percepisce l’arte circense di chi ancora crede di poterla dare a bere a un popolo che tuttora resta a guardare.
Siamo forse degni figli della generazione Mani Pulite?
Secondo il Financial Time il reddito italiano è più basso di 15 anni fa, le menti brillanti dell’imprenditoria vanno all’estero e qui resta chi continua ad affannarsi e a convivere con la corruzione che lo circonda, la stessa, che impedisce agli imprenditori esteri di costruire qualcosa in Italia, perché nell’immaginario comune “affari in Italia” = “Mazzette”, equazione che risulta semplice alla luce dei dati elaborati.
Perché l’Europa continua a esortare una risposta concreta dal nostro Paese in materia di autoriciclaggio, prescrizione, falso in bilancio? Ma soprattutto perché l’Italia non ha fornito ancora uno strumento di risposta valido?
Perché Il GRECO (il Gruppo di Stati contro la corruzione del quale l’Italia fa parte) punta ancora il dito contro il Paese e il suo senso d’impunità nei confronti di corrotti e corruttori?
Ventidue sono state le raccomandazioni del GRECO nei confronti dell’Italia nel rapporto stilato nel 2009, suddivise tra il settore della repressione e quello della prevenzione della corruzione.
Il documento invita a far diventare la lotta alla corruzione una questione, non di solo di rispetto delle leggi, ma di cultura, attraverso il riordino della normativa sulla corruzione specie in materia di prescrizione, poiché nel nostro paese, è oltremodo semplice che tali reati cadano in prescrizione.
Dai dati del rapporto di conformità dell’Italia ai precetti dettati dal GRECO emergono informazioni tutt’altro che rassicuranti: il nostro paese non ha ancora adottato nessuno degli strumenti suggeriti dal Consiglio d’Europa per la lotta alla corruzione. Lo stesso GRECO fa presente che la nazione non ha ancora posto la giusta attenzione, talvolta addirittura inesistente, sulla possibilità di adottare un codice di condotta per i membri del governo come pure sulla previsione dei conflitti di interesse, protezione degli informatori e rafforzamento delle disposizioni in materia privatistica.
L’Europa è focalizzata sulla questione italiana più che mai poiché il problema non è solo degli italiani, i danni che la corruzione arreca alle società europea in termini economici, sociali e politici ostacolano il corretto funzionamento del libero mercato e le finanze statali.
E’ la Commissione dell’UE a stabilire, in una relazione presentata al Parlamento Europeo nel Giugno del 2011, che la corruzione costa all’economia dell’unione circa 120 miliardi di euro annui.
Un Paese corrotto è dunque un Paese in crisi. L’Italia né è la massima espressione, si multa un negoziante per non aver dichiarato un calcio balilla gratuito ma, intanto, si prescrivono i reati di corruzione.
Lo diceva Elio e Le Storie tese, “Tanta voglia di ricominciare … abusiva” scimmiettando l’Italia col nomignolo di “Terra dei Cachi”. Sensibilizzare l’opinione pubblica non basta, il fenomeno è antico quanto il mondo già Gabriele D’Annunzio apostrofava Nitti con il soprannome di “cagoia”.
Nel romanzo storico i “Viceré” di De Roberto emerge senza veli il malaffare delle classi dirigenti meridionali, in un contesto sociale dove lo Stato Unitario non aveva ancora fatto capolino la corruzione dell’uomo già navigava nelle acque dei sotterranei borbonici. La romanità stessa ne era soggetta, Sallustio nel “De Bello Jugurtino” fa pronununciare a Giugurta, re di Numidia, la frase: “Roma, venderesti te stessa se trovassi un compratore”.
Volendo trovare il bandolo della matassa nella modernità dobbiamo cominciare dalla costituzione dello stato moderno. Lo Stato Unitario è nato a prescindere dal popolo, quello vero, composto dalla moltitudine di contadini, quel 75 per cento della popolazione che era fuori dalle istituzioni e dalla borghesia che le formava. Il popolo ha visto nascere lo Stato Unitario, non l’ha creato.
La corruzione nasce proprio dalla lontananza dello Stato dal popolo, uno Stato che ha fatto i propri interessi sin dagli albori. Una struttura innalzata sulla borghesia a sua volta scoscesa sulle classi contadine e le prime classi operaie.
La corruzione non è italiana, questo è ovvio, si trova in tutte le forme governative in tutti gli stati, ma se parliamo di Italia, parliamo di un punto in vantaggio della corruzione una struttura governativa non efficiente che genera l’evanescenza dello stato di diritto, la crisi delle istituzioni e il risultato dell’ inefficienza delle stesse, lo possiamo vedere ai giorni nostri con i dati che ci conferiscono la corposa medaglia di Paese corrotto e menefreghista.