Il rapporto, intitolato “Tra la prigione e la tomba. Sparizioni forzate in Siria“, rivela come lo stato stia approfittando delle massicce e sistematiche sparizioni forzate, veri e propri crimini contro l’umanità, attraverso un insidioso mercato nero nel quale i familiari disperatamente alla ricerca dei loro cari vengono sfruttati economicamente in modo spietato.
“Le sparizioni forzate ad opera del governo siriano fanno parte di un attacco massiccio e calcolato a sangue freddo contro la popolazione civile. Si tratta di crimini contro l’umanità, inseriti in una campagna attentamente pianificata per spargere il terrore e stroncare la minima forma di dissenso nel paese” – ha dichiarato Philip Luther, direttore del Programma Medio Oriente e Africa del Nord di Amnesty International.
“Il nostro rapporto descrive, con dettagli sconvolgenti, la devastazione e il trauma delle famiglie di decine di migliaia di persone svanite senza lasciare traccia e il loro crudele sfruttamento economico” – ha spiegato Luther.
La scala delle sparizioni è agghiacciante. La Rete siriana per i diritti umani ha documentato almeno 65.000 casi dal 2011, 58.000 dei quali riguardanti civili. Gli scomparsi vengono di solito trattenuti in prigioni sovraffollate, in condizioni terribili, tagliati fuori dal mondo esterno. Molti muoiono a causa delle malattie e della tortura o sono vittime di esecuzioni extragiudiziali.
Le sparizioni forzate sono diventate una pratica talmente costante in Siria che hanno dato luogo a un mercato nero nel quale “intermediari” o “negoziatori” ricevono tangenti che arrivano fino a decine di migliaia di dollari da parte di famiglie che vogliono disperatamente sapere dove si trovano i loro congiunti o se sono ancora vivi. Secondo un attivista siriano per i diritti umani, queste tangenti sono diventate “una parte notevole dell’economia”. Un avvocato di Damasco ha dichiarato che le sparizioni sono diventate “una vacca da mungere, una fonte di finanziamento su cui fare affidamento”.
Tra gli scomparsi, vi sono oppositori pacifici, manifestanti, attivisti per i diritti umani, giornalisti, medici e operatori umanitari, tutti presi di mira perché sospettati d’infedeltà verso il governo o perché le autorità stanno cercando i loro parenti.
In alcuni casi, soprattutto da due anni a questa parte, le sparizioni forzate sono usate opportunisticamente come mezzo per ottenere risultati economici. In questo modo il ciclo delle sparizioni finisce per autoalimentarsi.
Alcune famiglie hanno venduto le loro proprietà o esaurito i risparmi di una vita per conoscere la sorte dei loro cari e spesso hanno ricevuto solo false informazioni. Un uomo, i cui tre fratelli sono scomparsi nel 2012, ha raccontato ad Amnesty International di aver dovuto prendere in prestito oltre 150.000 dollari in una serie di inutili tentativi per rintracciarli. Ora si trova in Turchia, dove lavora per ripagare i debiti.
“Oltre a distruggere le vite, le sparizioni stanno trainando un’economia illegale basata su tangenti che a loro volta sfruttano la sofferenza delle famiglie che hanno perso i loro cari e che vengono lasciate piene di debiti e con un posto vuoto in casa” – ha commentato Luther.
I parenti che cercano informazioni per conto loro sulla sorte dei parenti scomparsi rischiano spesso l’arresto o finiscono per sparire a loro volta, col risultato che non resta altro che rivolgersi agli “intermediari”. Un uomo che aveva chiesto informazioni del fratello è finito in prigione per tre mesi, trascorrendo diverse settimane in isolamento. Un altro uomo che si era recato a Damasco per avere notizie del figlio è stato fermato a un posto di blocco militare e da allora non si hanno più sue notizie.
Secondo un amico dell’avvocato per i diritti umani Khalil Ma’touq, scomparso nel 2013, le sparizioni forzate “fanno parte di una più ampia strategia del governo per terrorizzare la popolazione siriana”. La figlia dell’avvocato, Raneem Ma’touq, è scomparsa per quattro mesi e ha avuto esperienze orribili durante la detenzione.
In un caso particolarmente aberrante, Rania al-Abbasi, una dentista, è stata arrestata nel 2013 insieme ai suoi sei figli (il più grande di 14 anni, il più piccolo di due), il giorno dopo che suo marito era stato arrestato a seguito di un raid nella loro abitazione. Dell’intera famiglia, da allora, non si hanno più notizie. Si ritiene che sia stata presa di mira perché forniva assistenza umanitaria ad altre famiglie.
Il rapporto di Amnesty International fa luce sul trauma psicologico, sull’angoscia, la disperazione e la sofferenza fisica delle famiglie e degli amici delle vittime di sparizione forzata. Saeed, il cui fratello Yusef è scomparso nel 2012, ha raccontato che sua madre non smette mai di piangere: “Ogni tanto mi sveglio e la vedo, insonne, fissare la sua fotografia e piangere”.
“Le sparizioni forzate fanno parte di una deliberata e brutale campagna portata avanti dal governo siriano. É completamente in suo potere porre fine all’indicibile sofferenza di decine di migliaia di famiglie. Basta che ordini alle forze di sicurezza di porre termine alle sparizioni forzate, di informare le famiglie sulla sorte dei loro cari e di rilasciare immediatamente e incondizionatamente tutte le persone che sono state imprigionate per aver esercitato in forma pacifica i loro diritti“.
Sebbene alcuni stati e le stesse Nazioni Unite abbiano condannato le sparizioni forzate, occorre molto di più delle parole di censura. Oltre un anno e mezzo fa, nel febbraio 2014, il Consiglio di sicurezza ha adottato la risoluzione 2139 che chiede la fine delle sparizioni forzate in Siria, ma non ha preso ulteriori misure per ottenerne l’attuazione.
“Le parole che non sono seguite da azioni concrete non aiuteranno le vittime delle sparizioni forzate. Il Consiglio di sicurezza deve urgentemente deferire la situazione della Siria alla procuratrice della Corte penale internazionale e imporre sanzioni mirate, compreso il congelamento dei beni finanziari, per esercitare pressione sulle autorità siriane affinché pongano fine alle sparizioni forzate” – ha sottolineato Luther.
“Gli stati che sostengono il governo siriano, come l’Iran e la Russia che ha recentemente avviato operazioni militari in Siria, non possono lavarsi le mani di fronte ai massicci crimini contro l’umanità e crimini di guerra commessi col loro appoggio. La Russia, il cui sostegno è vitale per il governo del presidente Bashar al-Assad, è nella migliore posizione per convincerlo a porre fine a questa crudele e codarda campagna di sparizioni” – ha concluso Luther.