[L’Ultimo giorno di Pompei, disegno preparatorio, 1827-28, Galleria Tret’jakov, Mosca]
Innovazione, questo è stato da sempre il filo conduttore delle opere del “grande Karl”. Si, perché nella sua arte, il pittore russo tendeva sempre alla scoperta, alla novità, alla grandiosità. Passato e presente si potevano conciliare, ma con un occhio attento al futuro e sempre per creare qualcosa di nuovo. Nella realizzazione del suo capolavoro Gli ultimi giorni di Pompei, il grande merito di Brjullòv fu il tentativo, unico nel suo genere, di conciliare due correnti estetiche da sempre in netta contrapposizione: il classicismo e il romanticismo. I difensori del classicismo non transigevano sull’abbandono dei canoni estetici antichi, princìpi immutabili delle creazioni artistiche; i simpatizzanti del romanticismo invece promuovevano una ventata di libertà, di spiritualismo, di pessimismo e malinconia, ma innanzitutto di libertà di espressione della personalità dell’artista. Nel quadro di Brjullòv, queste due correnti si unirono nella forza distruttiva della natura, ispirando un senso di solennità (richiamo al classicismo) che metteva a nudo il carattere e i sentimenti dei soggetti raffigurati (richiamo al romanticismo).
I meriti del “grande Karl”, però, non finiscono qui. Senza mai abbandonare il filo rosso dell’innovazione, un’altra grande novità introdotta da Brjullòv fu la diversa concezione che il suo dipinto diede alla pittura storica. Adesso, sulla sua tela, non appare più il singolo soggetto come avveniva nella pittura storica dei suoi predecessori, ma le masse, la folla, la gente. Osservando il quadro, ci si accorge che non c’è un solo protagonista, ma decine di protagonisti. Ogni volto è ritratto con una propria anima e ha un posto in primo piano nella tela. Tutti i soggetti sono in evidenza e l’occhio dell’osservatore si concentra di volta in volta sui singoli visi nell’attesa che questi rivelino la propria storia.
Il “grande Karl” però non era avido e non si risparmiava. Le sorprese continuano. Un’ altra innovazione operata nell’ambito del processo artistico fu la precisione documentaria. Fin dai suoi primi bozzetti, infatti, il “grande Karl” aveva già in mente per il suo quadro il tempo e il luogo della scena. Egli scelse il 29 agosto del 79 d.C, (giorno dell’eruzione del Vesuvio) e una strada ben precisa della città, la Via dei Sepolcri, puntellata di monumenti funerari e statue. Il pittore volle cogliere l’attimo preciso in cui la natura diede sfogo alla sua furia, scattando un’ istantanea realistica del momento di sgomento, stupore e dolore dei soggetti colti alla sprovvista. Questa fu la sua grande innovazione: da quel momento in poi nella pittura storica dei suoi successori vigerà la regola dell’autenticità archeologica e del rigoroso studio delle fonti.
[Plinio il Giovane]
Il nostro viaggio alla scoperta di Brjullòv continua con altri approfondimenti su Gli Ultimi giorni di Pompei. Brjullòv era una persona particolarmente empatica, e non ci vogliono fonti documentarie per affermarlo, basta guardare i suoi quadri. I soggetti che rappresenta trasudano di passioni ed emozioni. L’impatto emotivo delle sue istantanee di vita sull’osservatore è immediato e cristallino, non abbiamo bisogno di affidarci alle interpretazioni dei critici per cogliere l’intento dell’artista. Se si osserva con attenzione il quadro, si noterà che la maggior parte dei soggetti si soccorrono l’un l’altro. Questi erano i suoi eroi principali: le persone che al sopraggiungere della fine pensavano a salvare la vita degli altri così come aveva fatto Plinio con sua madre. Ancora una volta, Brjullòv cercò di essere quanto più possibile fedele alla realtà, riportando fatti realmente accaduti e luoghi realmente esistiti. Ancora una volta Brjullòv cercò di trasmettere all’osservatore le sensazioni che aveva accumulato nel rivivere mentalmente ed emotivamente quella tragica pagina della storia.
Prima di iniziare la sua opera monumentale, Brjullòv realizzò una decina di schizzi preparatori, tuttora conservati. Uno stralcio delle memorie di Plinio era alla base del suo quadro. Rileggendo queste poche righe, possiamo affermare con certezza che Brjullòv non solo le lesse, ma ne rimase enormemente colpito. Osservando il suo quadro, sembra quasi che la tela dia voce al racconto di Plinio… – le urla disperate e i lamenti di uomini, donne e bambini si diffondevano nell’aria: chi chiamava il padre, chi il figlio, chi ritrovava la moglie dispersa; uno piangeva disperato, un altro trepidava per amici e parenti, si ritrovarono persone che avevano invocato la morte per il terrore di morire! Alcuni bestemmiavano a voce alta affermando che gli dei se ne erano andati e che era arrivata la fine del mondo 1 – .
Buona lettura!
1 – http://www.pompeiisites.org/Sezione.jsp?idSezione=1218
Fonti
– PIETRO CAZZOLA, Karl Brjullov, eccelso pittore russo a Roma nell’Ottocento in Strenna dei Romanisti, Natale di Roma, 2003;
– D. Sarab’janov, Arte Russa, Rizzoli, Milano 1990;
– Chudo estvennaja Galereja – Brjullov, n. 72/2006, De Agostini;
– http://www.pompeiisites.org/Sezione.jsp?idSezione=1218