La vera pajata, che mancava da quindici anni dalle tavole degli italiani per effetto delle restrizioni sanitarie adottate nel luglio 2001 per far fronte all’emergenza mucca pazza (Bse), adesso può essere liberamente preparata e consumata in casa e nei ristoranti.
E’ quanto ha reso noto la Coldiretti a Bari nel corso della manifestazione di migliaia di agricoltori in difesa dell’agricoltura italiana, nell’esprimere soddisfazione per la rimozione dal quadro normativo comunitario del generico obbligo di svuotamento dei visceri disposto nei riguardi dei bovini di tutte le età e quindi anche per quelli dei vitelli.
Pur essendo stato liberalizzato il 5 agosto scorso, con l’entrata in vigore del Regolamento UE 2015/1162, l’intestino di vitello, infatti doveva essere pulito, svuotato e sbiancato prima di essere messo in commercio. Adesso, a seguito delle nuove disposizioni può essere utilizzato l’intestino medio dei vitelli con il contenuto di chimo (latte), consentendo quindi il ritorno della “vera” pajata.
Un ritorno che è il risultato della lunga battaglia della Coldiretti culminata con successo con la pubblicazione del provvedimento che ha reso applicabile la modifica alla lista di porzioni di organi e tessuti considerati materiale animale da eliminare, il cosiddetto Materiale Specifico a Rischio (MSR) che mantiene pero’ l’obbligo di eliminare il cervello fritto di bovino adulto da cui si ottengono le prelibate frittelle impastellate in acqua e farina o in uovo e pan grattato dopo una prima scottata in brodo bollente.
Si tratta di risultato importante per consumatori, ristoratori, cuochi, macellatori e allevatori che oltre ad avere rilevanza sul piano gastronomico ha anche effetti su quello economico con la valorizzazione dell’allevamento italiano in un difficile momento di crisi”, ha affermato il presidente della Coldiretti Roberto Moncalvo nel sottolineare “il determinante impegno del Ministero della Salute”.
La pajata è l’ingrediente principale di uno dei piatti piu’ tipici della cultura gastronomica della capitale italiana: i rigatoni con la pajata ma in alternativa puo’ essere proposta alla brace, in forma di spiedino. Le misure della Commissione Europea sono una giusta conseguenza del fatto che dal 2009 non si registrano casi di mucca pazza tra bovini in Italia per il rigido sistema di controlli e per le misure di sicurezza messe in atto anche con grandi sacrifici dagli allevatori.
L’Italia con Giappone, Israele, Olanda, Slovenia e Usa fa parte della ristretta cerchia di 19 Paesi, sui 178 aderenti all’Oie, che hanno raggiunto la qualifica sanitaria migliore di rischio “trascurabile” per la mucca pazza (Bse).